Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca
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Su Delle marionette, dei Burattini e del Burattinaio. Rilettura fantastica del Teatrino<br />
LE MARIONETTE E I BURATTINI NELLA METAFORA DEL GESTO E DELLA VOCE<br />
Nel terso clima di questo libro, anzi Fiabola di irsuto pudore toscano (in versi, prosa, illustrazioni secondo le leggi e le umorosità narrative) si<br />
riscontra un assoluto e ininterrotto segno di vocazione a quel genere di teatro che privilegia “maschere e burattini” secondo una felice e<br />
feconda “irrealtà quotidiana” per dirla con Ottiero Ottieri, peraltro inconfondibile fra le diverse scritture contemporanee in fatto di mimesi<br />
fantastica e dialettica visuale. Liliana Ugolini collabora all’iniziativa considerando gli effetti interiori dei personaggi in questione: lingua fervida,<br />
osservazioni concettuali, trasparenze di corpi e di gesti elevati oltre ogni polvere; Giovanna dipinge mimesi e illusioni retoriche, spazi vincolati al<br />
bene e al male dei fatti, elevando lo spirito della pantomima a configurazione critica, emotiva, sociale del conflitto iconografico. In ogni<br />
simulazione c’è un accento di poeticità divertita, una sorgiva ilaro-tragica (come direbbe Giorgio Manganelli), una riscoperta ironizzata,<br />
automatica, libera, pagana e sacra, concreta e oggettiva. L’opera finge un proprio cromatismo letterario e grafico, lascia riferimenti<br />
appassionati ad ogni lettera e segno. La stessa prosa è speculare così come la serie di disegni che l’attraversano e salva sia l’aspetto<br />
convenzionale del dire e del disdire dei “manichini” e dei “burattini” sia l’interrelazione che carica di significati la loro non efferata biologia. Il<br />
gioco, l’alienazione che presiedono alla vicenda un po’ assorta, un po’ problematica, (un po’ il riordino dei temi che, dal fondo della tradizione,<br />
si portano fino a noi, comunicando essenze labili e colte denuncie per verificarsi), continuano in ogni caso la memoria e insieme lo spettacolo<br />
che le Autrice e la tensione attiva svolgono, rifondando i sensi di umanità e la veloce prospettiva delle questioni. I personaggi (chissà quanto<br />
egocentrici e utopici, moralisti e civili, con voci torve o chiocce, cacofoniche e modulate per la consapevolezza rappresentativa) perdurano in<br />
questa accademia, grazie alle sorelle in causa e ricominciano le linee mimetiche del processo di apparenza, di conflitti, in una recitazione<br />
temporale, aperta, anzi a lettura molteplice di sensi e di disputa. E, relazione sottile, qua e là audace, adattata ad una modernità i cui riverberi<br />
di ogni fiaba sono spesso stravolti, non senza angoscia e significato. L’analisi della pagina è puntuale occasione per destinare alla scuola un<br />
rapporto del genere, i cui codici dell’evento così come quelli del dibattito culturale non sono fine a sé stessi ma progettano e prevedono<br />
soluzioni inventive sempre più duttili e inedite. Senza negare al testo l’“a priori” del suo teatro assiduamente annunciato nel riscontro, qui<br />
comunque ripercorso come dono, non come esperienza scabra o delirante bensì polarità percettiva del medesimo destino della materia a cui la<br />
tesi si affida e in cui s’insinua il desiderio esteso di un lieto piacere di incontrarsi con l’arte, su lesta identità inventata. Senza dire quanta storia<br />
si è enucleata e scritta o dipinta tra questi fili che ascoltano il mondo, l’impatto forma-energia che li ha caratterizzati, cogliendo la psicologia<br />
delle mani, le epifanie linde e intense del loro ricominciamento efficace, comico, presto decifrabile e amato, non frivolo né eccentrico o lezioso.<br />
Con gli stessi controlli del “ Burattinaio” direttore, ormai guida dell’intreccio, dell’enfasi e delle pause (che non arrossa mai il loro viso lucido,<br />
vestito elegante) per testimoniare al pubblico e in pubblico la natura della loro esistenza, della divergenza espressiva, che è in ogni caso<br />
metafora del presente, contingenza che non soffre per comunicazione o recita doc, la cui percezione morale diviene verifica e sentimento<br />
operativo non logoro.<br />
La natura ludica di codesti valori ha dunque una coesistenza non soltanto effusiva e verbale ma d’incontro e passo deciso verso<br />
un’interpretazione della verità riassunta in dettagli irrinunciabili, tra incanti e disincanti, tra impazienti e affaticate, violente, incancellabili,<br />
riabilitate da un equilibrio che Liliana ravvisa ineliminabilmente. Di tutto punto le marionette e i burattini sono figure attive e visibili, con una<br />
loro efficace aneddotica, mai sconfitta o ridotta a mera imitazione di riletture pulcinellesche; in effetti riscoprono sé stessi rianimando le<br />
medesime esplosioni della vita comune, il viaggio che in essa si compie, le funzioni elementari nel brusio che sale dal vocio della gente, che in<br />
ogni caso lascia ai burattini il discorso che può proteggere lo spettatore di ogni categoria, rappresentato (sopportabilmente) più che dal<br />
politico, dalla persona di pezza: secca, liscia, vellutata, appesa e sospesa non soltanto all’apparato della scena, ma alle contingenze più<br />
immediate<br />
Liliana<br />
Ugolini<br />
182<br />
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