Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca
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Inediti<br />
Liliana<br />
Ugolini<br />
191<br />
DA REMBRANDT<br />
Da Rembrandt, dice la Szymborska<br />
sono usciti padre e madre.<br />
I miei da uno schizzo di Boldini.<br />
Figurine con tanto di cappello, zeppe alla moda<br />
in sobrietà, con gusto. Qualcosa<br />
che doveva assomigliare all’idea<br />
d’eleganze mentre bombe scotevano<br />
il rifugio. Fragili per un troppo<br />
in quinta fila, sommessamente in nervi<br />
stile al sghimbescio. Spersi al sorriso ovale<br />
storie di me che affaccio al tabernacolo<br />
icone incastonate nel mio lago.<br />
Un figurino con mazza ed occhialino<br />
in posa foto quando io non c’ero.<br />
Lungo l’abito avvinto, la veletta.<br />
Un gioco serio per non darla vinta<br />
alla durezza, al soglio dilavato in sorriso<br />
d’espressione. Care persone in piena<br />
d’un insolito vuoto.<br />
Occhi prima del fare che del fare fanno<br />
gioia d’iniziativa precedenza premura.<br />
Occhi chiusi che vedono oltre il mio marmo accanto.<br />
Bastava uno sguardo una parola tesa<br />
l’intesa brillava come squarcio.<br />
Ora è l’intatto piatto di convenevoli<br />
la mancanza.<br />
POESIE PER GILBERTO<br />
L’alito della candela<br />
non passava nel corpo.<br />
La luce nel taglio delle pieghe<br />
si spegneva e l’ombra bianca<br />
proiettava il fumo della cera.<br />
Fu pallore di legno<br />
e le mani le mani negli oggetti<br />
che volavano.<br />
Stupore e l’oltre è.<br />
Non basta il raso al vuoto<br />
né la cenere né la fiamma.<br />
né che l’alba s’alzi<br />
d’invisibili motivi<br />
C’è un abisso<br />
tra l’apparire statua<br />
ed il passaggio. Di qua<br />
solo l’involucro di là<br />
oltre la cenere<br />
un sentire di fronde<br />
dà la misura.<br />
Ritorna ai luoghi<br />
in veste nuova l’ombra<br />
e gli occhi gli occhi<br />
la voce l’argentino trillìo<br />
come il canto promesso<br />
mattutino<br />
d’ogni mattino alto più in alto.