Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca
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Poesia – Umanità<br />
diretta all’ascolto o alla sua lettura; quindi potrebbe essere antiparola; ma in quell’antiparola si deve mettere tutto il lavorìo, la fatica che lo<br />
scrittore fa per poter raggiungere la parola più efficace possibile. D’altro canto la poesia è linguaggio puro: quando si dice che la poesia è il<br />
linguaggio più puro e difficile, significa che è anche difficile determinarlo, crearlo, interpretarlo.<br />
È stata importante per lei l’esperienza della neoavanguardia?<br />
Sono convinto che la parola contenga in sé un significato di incarnazione: la poesia la chiamerei “parola incarnata”, cioè parola che si fa carne, si<br />
fa gesto, si fa volontà, si fa azione, si fa attività, si fa motivo, si fa configurazione dell’essere: la poesia è una forma di incarnazione, ovvero<br />
l’uomo è anche parola.<br />
La neoavanguardia l’ho ammirata, studiata ed apprezzata, ne ho acquisito qualche motivazione, ma non ne condivido l’ideologia perché il suo<br />
risultato è l’incomunicabilità. Però prendo atto che ai fini del perfezionamento dello stile, la ricerca dei neoavanguardisti è stata utile, anche al<br />
lettore. Perché? Perché, mentre loro facevano la loro rivoluzione da scrittori, spingevano a che il lettore facesse la sua rivoluzione da lettore,<br />
quindi la rivoluzione del gusto.<br />
La sua è una poesia metadiscorsiva?<br />
Perché metadiscorsiva? In ogni scrittura c’è la presenza del metadiscorso. Ma che cos’è poi il metadiscorso? Il metadiscorso è il tentativo,<br />
scrivendo, di superare una concezione della scrittura.<br />
Si può parlare di “concretezza linguistica”?<br />
Quando la poesia si gioca sul civile, penso proprio di sì.<br />
Molte mie poesie sono dichiarazioni di poetica. In molte poesie vive il richiamo a grandi figure come Antonio Banfi, Tommaso Fiore, i fratelli<br />
Rosselli tra gli altri. È una poesia esplicita.<br />
Reagisco alla mia concretezza; se sono concreto è perché lo desidero, e talvolta mi sciolgo in un canto che mi appassiona… Ma quello è<br />
l’esercizio della mia libertà: un poeta non può essere schiavo dello stile, né della storia, e nemmeno degli altri. Scrivere è come “ditta dentro”,<br />
non è una negazione dello stile.<br />
Come si articola il suo periodo poetico, anche dal punto di vista grafico?<br />
Innanzitutto prediligo usare i soggetti al termine delle frasi, anche di quelle lunghe; le mie poesie si distinguono, ad esempio, per le chiuse. Per<br />
me la poesia è la costruzione di un’idea che avviene per versi.<br />
Sottolineo, uso il sinonimo, ripeto molto, perché la parola gridata, scritta sulla pagina, diviene più efficace. Ad esempio, la parola amore: se io la<br />
ripeto una, due, tre volte, una volta in tondo, una volta in corsivo, una volta spaziata, una volta sottolineata, significa che ho attribuito ad essa<br />
diverse intensità; la sistemazione dei versi sulla pagina è importante.<br />
Ne La lettera sulla condizione (7) scrivo: “io ti dico che il rancore esiste”, perché “esiste / l’uomo bocconi sulle pietre”, che “scende giù<br />
negl’interstizi / e grumi sotto la storia di questa terra”; il rancore esiste perché il poeta è “prima di tutto” (spostato a margine estremo ed in<br />
corsivo) “un provocatore”.<br />
Il poeta deve fare in modo che chi legge una poesia faccia fatica, metta in atto le ragioni di una sua crescita, altrimenti a che cosa serve la<br />
poesia? Anche la coniazione di parole difficili serve a far riflettere. Così avviene anche in Chiave d’antilettura enne (8), dove si ha il ripetere di<br />
“non tacere, non tacere”; ancora: “la scimmia che ti vive / dentro / e macina sentenze”, ma macina anche “silenzi”, quindi, infine, l’alternativa è<br />
“non tacere<br />
<strong>Leonardo</strong><br />
<strong>Mancino</strong><br />
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