Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca
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Da Gioco d’ombre sul sipario, 2010<br />
Liliana<br />
Ugolini<br />
186<br />
L’opera svela la psiche<br />
la torbida verità multiforme<br />
e il volto morente del cuscino<br />
è una conchiglia. Il teatro<br />
è la dimensione del colmo<br />
e soffia indicibile. La morte<br />
è marionetta metro di suoni<br />
e il nastro di Mobius<br />
l’urlo della risata.<br />
(Sarei del mondo cittadina<br />
se quel giorno non fossi partita per restare<br />
e avrei incontrato chi non ho conosciuto<br />
né avrei parlato con chi parlo.<br />
Qui cittadina del mondo partita<br />
avrei casa dove non sto<br />
e non sarei chi sono<br />
se quel giorno non fossi partita per restare).<br />
Tutti i personaggi (Il mimo, C’era una volta e c’è, il Re, il Cavallo, il Ritorno, il<br />
Mare,i Fiori, gli Occhi, i Bambini e la Luna, il Bosco, la Scena, i Numeri, il Circo, i<br />
Vecchi, la Parola e il Silenzio, i Colori, l’Opera, la Musica, il Soprano) si alzarono<br />
di nuovo in piedi. L’Artefice doveva comparire, la regia doveva esserci. In una<br />
fumata la voce dalla montagna sparì fra le nevi lasciando gli interpreti a bocca<br />
aperta. Il sipario rosso chiuse l’Era e fu di nuovo sera quella sera.<br />
“La terra che contiene i mimi<br />
della globalità e tante altre splendide creature<br />
nell’universo dà luce riflessa.<br />
Così le creature illuminate sappiano questo<br />
e il buio che girando poi avviene”…<br />
…così disse il bianco mimo come una nuvola con i buchi negli occhi mentre al<br />
buio toglieva i fili dalla terra nera in attesa della nuova luce che di certo sarebbe<br />
arrivata dall’alba dagli occhi d’un bambino…