Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca
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Da Mala Kruna, 2007<br />
Franca<br />
Mancinelli<br />
136<br />
come l’interruttore nella notte<br />
che trovo accarezzando la parete<br />
del mio vivere so dov’è l’amore<br />
a tentoni ritorno a sedici anni.<br />
E tu sempre resti cara<br />
amica che mancavi<br />
a quel mattino mio di figlio<br />
bagnato dal suo latte.<br />
Accadde allora che un lenzuolo<br />
tenero m’avvolse dalla nuca<br />
imprimendo i contorni che ora vedi,<br />
l’immagine che sono.<br />
più neanche chiedo un laccio o un gancio<br />
a te che mi svapori come un segno<br />
d’alito sul vetro. Sorridi o è il flauto<br />
suonato con i bordi del bicchiere?<br />
Per le carezze devo<br />
rivolgermi alla pioggia, al suo<br />
tocco di acini caduti.<br />
Mentre voltandoti guardavi<br />
il cielo scuro come un pergolato<br />
aperte le braccia perdevo le mani<br />
come stringendo un tronco centenario.<br />
Un altro tuo respiro trattenuto<br />
e l’incavo racchiude la corteccia:<br />
rimango in piedi sola<br />
a formare una croce<br />
piantata su una vetta.<br />
guardo il buio con queste<br />
corde che si muovono, e ascolto<br />
la nave luminosa che si ferma.<br />
Prenoto e annuncio ancora il mio partire:<br />
oltre la grata della porta il vuoto<br />
s’alza come una torre; e un altro<br />
vicino a me è ancorato<br />
e si sbriciola in passi sulla strada. E io non so<br />
se salgano o scendano le corde<br />
da questo pianerottolo, ma vedo:<br />
l’immagine di me che si spazienta<br />
entrare con i piedi su una terra<br />
morbida e pestata molte volte.