Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca
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Da L’attimo dopo, 2010<br />
Massimo<br />
Gezzi<br />
112<br />
Marco Polo, 32 anni dopo<br />
Le linee verticali della grata,<br />
le linee orizzontali della tenda<br />
di alluminio: tutto qui<br />
la cornice di una cronaca<br />
che porta non so dove, nel fiume della storia<br />
o nelle secche dei sogni. Calvino scriveva<br />
che la sfida al labirinto è un lavoro<br />
da cartografi – io mi trovo qui:<br />
è tutto quel che vedo,<br />
nel baratro di un tempo<br />
che gioca con la carne e pone a zero<br />
la dignità delle persone, barattando<br />
torture per decapitazioni –<br />
non credere a nessuno: il fatto<br />
è che l’orrore è il solo prezzo<br />
quotidiano da pagare perché il mondo<br />
continui. Il bene è annidato<br />
in isole invisibili – ma se scavi e riscavi<br />
non trovi che altro inferno: niente<br />
sotto il niente quadrato dello scacco.<br />
NOTA<br />
In un saggio sull’autocommento, Fabio Pusterla racconta le<br />
difficoltà incontrate dai suoi studenti dell’Università di Ginevra nel<br />
decifrare il titolo e le circostanze alle quali si allude in questa<br />
poesia. Uno degli studenti, aggiunge Pusterla, si dimostrò<br />
abbastanza seccato dal fatto che ci si dovesse lambiccare il<br />
cervello per capire che il titolo fa riferimento al protagonista de<br />
Le città invisibili di Italo Calvino, uscito in prima edizione nel 1972,<br />
ovvero 32 anni prima della composizione della poesia. Chi parla,<br />
infatti, è un Marco Polo precario, disincantato e allibito<br />
dall’inferno in cui sventatamente si trasforma l’Iraq tra l’aprile e il<br />
maggio 2004, quando internet e tv diffusero al mondo, tra le altre<br />
cose, le immagini delle torture inflitte dai militari americani ai<br />
detenuti iracheni del carcere di Abu Ghraib, e il video della<br />
decapitazione dell’americano Nick Berg. A Fabio Pusterla (e ai suoi<br />
studenti) questo testo è dedicato: “Nulla è sicuro, ma scrivi”.<br />
Ovvero continua, continuiamo a scavare