Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca
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Da Il mare a destra, 2004<br />
Massimo<br />
Gezzi<br />
97<br />
Ancora un temporale stanotte,<br />
una giostra di baleni nel buio di prima estate –<br />
tutto è tranquillo di là: le spine staccate<br />
dalle prese di corrente, la tv<br />
ritornata in un silenzio minerale –<br />
le gocce bersagliano le siepi,<br />
scuotono un ventaglio di rami<br />
di oleandro, e sugli aghi<br />
dei pini si raccolgono in perle –<br />
io sono il solo a non temere<br />
il bagnato: lascio che il mio corpo<br />
affondi nel torpore, un piombo<br />
nell’acqua intessuta di ombre: nei giri<br />
del mio sonno la freschezza sarà<br />
la giusta ricompensa per la febbre del giorno.<br />
Piazza Carducci, una sera d’estate<br />
Un vento di risvegli dentro il treno,<br />
il faro della luce lampeggia<br />
ad ogni tunnel, e il gusto improvviso<br />
della gioia sulle dita, la mente che sfoglia<br />
la sua lenta processione di lampi, ognuno<br />
una stretta che tiene per i polsi:<br />
Bologna ieri sera<br />
cantava da sirena, le camicie<br />
sui balconi sollevavano le braccia,<br />
e dietro ogni persiana un bagliore<br />
diverso, una sagoma immobile o sparita<br />
al primo passo – ti ho chiesto di spiegarmi<br />
l’atlante di ritardi che ho cucito<br />
sul petto: mi hai mostrato<br />
un filo che tenevi nella borsa,<br />
l’hai riavvolto attorno all’indice, e prima<br />
che i lampioni si serrassero in un boccio<br />
sei sfuggita dalla presa, e la piazza<br />
ha richiuso il suo palmo di pietra.<br />
a Francesca F.