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Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca

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Su L’attimo dopo<br />

[…] La misura del dolore diventa concreta fatica di costruzione, ne L’attimo dopo di Massimo Gezzi, poeta volutamente lirico, che alle influenze<br />

di Fortini, Saba o Cattafi – segnalate da Guido Mazzoni – aggiunge forse una traccia di Raymond Carver. In questa poesia umanistica, o<br />

sottilmente animistica, in cui l’uomo non è più misura di tutte le cose, l’epifania è svuotata del sacro, ma ugualmente accade, e può non essere<br />

infrequente. […]<br />

Laura Pugno, Nei versi sensibili della giovane poesia italiana, “il manifesto”, 5 lug. 2007 [recensione al Nono quaderno italiano]<br />

* * *<br />

[…] Guido Mazzoni, …, ha colto nella prefazione ai testi di Massimo Gezzi (L’attimo dopo, si intitola la silloge) un aspetto determinante:<br />

“All’immediatezza esistenziale è subentrato uno sguardo mediato e interpretante; alla registrazione dell’esperienza, lo sforzo di cogliere i livelli<br />

di realtà che si aprono sopra, sotto e intorno alla vita individuale”. Gezzi è un interprete dell’oggi che sembra sempre sull’orlo di un punto<br />

limite, di una svolta assoluta dalla terra marchigiana, così locale e così universale. Un lampione, una pozzanghera, una macchina per cucire, i<br />

cubi di cemento sono cose che circoscrivono e allargano la visuale del mondo, le abitudini quotidiane, la riflessione indotta dal luogo, da una<br />

coscienza mobile nel recinto della mente e del luogo. […] Gezzi propaga un’esperienza anche come apertura sensuale, scrive Guido Mazzoni<br />

nell’introduzione al poeta di S. Elpidio a Mare. Le vicende abbagliano le distanze tra mare e cielo, in un posto “dove gli uomini vendono tutto<br />

per fame”. Nel segno di una residenzialità ancora presente e ribadita (e che nasce con Franco Scataglini, Francesco Scarabicchi e Gianni D’Elia<br />

negli anni Ottanta), Massimo Gezzi sembra porsi quella domanda dalla quale è scaturito il significato intrinseco del vivere “qui e non altrove”.<br />

[…]<br />

Alessandro Moscé, I nuovi poeti italiani tra i quali il marchigiano Massimo Gezzi, “prospettiva-L’Azione”, 13, 29 marzo 2008 [recensione al<br />

Nono quaderno italiano]<br />

* * *<br />

[…] È un libro solido, i testi discendono come discende la sorpresa di una scoperta nello stato della coscienza, i versi sono riflessivi, la voce del<br />

Gezzi è ferma e mai artefatta. Si coglie a tratti quasi una sommessa capacità di chiudere i quadri con un movimento aforistico dove sebbene<br />

tutto sia mutevole, niente è lasciato in sospeso.<br />

Se la prima sezione intitola infatti “L’attimo dopo”, l’ultima è intitolata “Poco prima”: non solo paradosso sintattico ma congedo e inizio,<br />

restauro temporale della ciclicità e della materia (anche morale, sentimentale) contro la fuggevolezza: non tutto è perduto sembra affermare in<br />

ogni testo l’autore, nonostante la fatica, l’incapacità di dire con esattezza quando arriva la scintilla; quando la scintilla non arriverà e si cerca di<br />

dire, capire. Quando la scintilla è la forma stessa dell’incendio. Ed i versi del Gezzi sono moti ondosi, andate e ritorni, permanenze. I versi del<br />

Gezzi sono soglie aperte. […]<br />

Fabiano Alborghetti, “alleo.it”, maggio 2010<br />

* * *<br />

[…] È un libro completo “L’attimo dopo”, di rara intensità. Mi piace che non ci sia il “sussulto” immediato, non compaia così spesso il verso che<br />

ti strappi il “però”. Questo succede quando è tutto il libro ad essere una scossa costante, un accordo, andirivieni quasi perfetto fra la parola<br />

scritta<br />

Massimo<br />

Gezzi<br />

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