Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca
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Da Pasta madre (inediti)<br />
Franca<br />
Mancinelli<br />
147<br />
quello che sono è una finestra<br />
il peso che avevo l’ha raccolto<br />
in sacchi scuri l’alba.<br />
Anche l’asfalto spazzolato<br />
e umido si è aperto,<br />
con l’albero del parco che comincia<br />
a tradurre le nuvole alla terra.<br />
Ora ogni movimento oltre la stanza<br />
può trasportarti<br />
e luminoso il traffico rallenta<br />
perché il cappello rovesciato<br />
contenga una moneta.<br />
«ho lavorato con la morte<br />
nel cuore per un mese».<br />
E gli occhi le strabordano al pensiero<br />
delle notti quando all’altro lato<br />
del letto un fiume s’ostruiva<br />
lento di rifiuti. Poi nel sonno<br />
profondo un gran cantiere<br />
riallacciava la vita a quattro ponti.<br />
Sono vent’anni che dormiamo<br />
insieme e solo ora<br />
so che il sangue<br />
il corpo è un cucchiaio nel sonno<br />
va dal mio atrio al suo.<br />
raccoglie la notte. S’alzano farfalle<br />
sepolte nel petto, stendono ali.<br />
Quanti animali migrano in noi<br />
passandoci il cuore, sostando<br />
nella piega dell’anca, sul ramo<br />
di una costola; quanti<br />
vorrebbero non essere noi,<br />
non restare impigliati tra i nostri<br />
contorni di umani.