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Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca

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Da La stadera, 2005<br />

Gianni<br />

Caccia<br />

79<br />

x<br />

Con tono abituale di comando Mr. Faithful chiamò il cameriere di prima, un ragazzo magro e pustoloso con una testa di riccioli, per un<br />

succo di frutta. Quando arrivò col bicchiere il ragazzo pesò la coppia con un sorrisetto, poi chiese nella lingua del luogo se uscivano<br />

nonostante il tempo.<br />

«Certo che usciamo», ridacchiò Mr. Faithful nel suo americano pastoso. «Non ci facciamo certo spaventare dalla vostra pioggia!»<br />

«Allora fareste bene ad andare via subito», insistette il ragazzo nella lingua del luogo. «Qui non siete più graditi».<br />

«Che cosa… come ti permetti», sbottò Mr. Faithful, più sorpreso che irato; ma il ragazzo gli aveva già girato le spalle e trotterellava via<br />

dalla sala.<br />

«Ora t’insegno io… », e stava per alzarsi, ma la sua signora lo invitò con calma a risedere.<br />

«Non ora, George. Finiamo la colazione».<br />

«Non siamo più graditi… che cosa vuol dire? Ma io vado dal direttore, gli insegno io a quel piccolo insolente… »<br />

«Calma, George», disse ancora la sua signora. «Ci stanno guardando».<br />

Mr. Faithful si accorse di aver alzato la voce e risedette, un po’ confuso.<br />

«Uhm, dopo», borbottò come a voler chiudere l’incidente.<br />

I due giovani del tavolo accanto si erano appena voltati, prima di ripigliare il loro dialogo con un’occhiata mutua d’intesa. Gli altri<br />

avventori erano chini sulle loro tazze e sembrava non avessero notato. Mr. Faithful disdegnò il resto della colazione, buttò ancora uno<br />

sguardo contrariato alla pioggia che rigava i vetri e formava ormai un velo leggero sulla piazza, poi fissò l’attenzione sulla coppia; avevano<br />

l’aria spregevole degli intellettuali, lei con i capelli biondi esili che tra qualche anno sarebbero finiti come la chioma della sua signora, lui<br />

con un impudente ciuffo ramato sulla testa abbondantemente calva e un’uguale peluria che picchiettava il mento e le guance. Nella sua<br />

conoscenza malsicura della lingua del luogo gli arrivavano pezzi di frasi.<br />

«… stanno cambiando».<br />

«Sono cambiati. Mica potevano fare i padroni in eterno».<br />

«Ma basterà? Non credi… »<br />

«È ancora poco… metterli a terra».<br />

Mr. Faithful si concentrò su quelle parole, scoprendo pian piano il dubbio che lo riguardassero. E più cercava di comporle, più il<br />

dispettoso avvertimento di esserne oggetto cresceva.<br />

«Ma allora… non sarà servito… »<br />

«Intanto non sono più i padroni dappertutto. Almeno non più qui».<br />

«Però non l’avresti detto… cani… »<br />

«C’è una parabola per tutte le cose».<br />

«… cani… stanno proprio cambiando».<br />

«… sono cambiati».<br />

Mr. Faithful si sentiva montare sempre più la sorpresa, e l’ira assieme. Prima il cameriere con la faccia butterata che li insolentiva<br />

marchiandoli per non più graditi, poi quei pezzi di dialogo sui padroni che non sarebbero stati più padroni. Infidi, altro che amici; sottomessi<br />

ma infidi. Con tutto quello che avevano fatto per loro. Era il prezzo da pagare per essere americani. Mr. Faithful cercò un conforto negli<br />

occhi della sua signora, che gli sorrise un invito a non muoversi, a lasciar correre; felice lei, che conosceva poco e niente della lingua del<br />

luogo.

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