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Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca

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Da La stadera, 2005<br />

Gianni<br />

Caccia<br />

73<br />

x<br />

una volta era il comunismo sono arrivati finalmente i nuovi nemici: questi arroganti criminali venuti qui a farla da padroni, peggio che<br />

rubarci il lavoro, a colonizzarci con i loro traffici di clandestini e prostitute e droga, si vede subito dalla faccia che gente è, quando<br />

camminano a gruppi e ti sfidano con quell’aria sfrontata che ormai qui sono loro i padroni; tutto è in mano loro, sono loro i nuovi<br />

comunisti, se nei paesi da dove vengono c’era il regime avranno pur preso qualcosa, i comunisti si sono rinnovati in loro, i più schifosi, i più<br />

delinquenti, i più sfruttatori.<br />

E sono proprio loro che mi seguono, mi accerchiano, gli Albanesi, fogna dei Balcani, feccia della feccia dei clandestini; è contro di loro<br />

che ho fatto, so che non me lo perdoneranno, posso scamparli stanotte ma non sarà per sempre, magari sanno dove abito e me li trovo<br />

davanti a casa, pronti per me, loro sono dappertutto, controllano tutto e io non ho difese. Questa la verità, Vlady è solo uno smargiasso,<br />

Vlady e gli altri sono solo buoni a smargiassate e intanto hanno mandato avanti me, a fare da martire, troppo comodo imbottirsi la testa di<br />

slogan e starsene indietro, quando c’è l’ardito che fa l’opera per tutti. Ma perché andare a casa, cosa mi viene da pensare, là mi troveranno<br />

subito, ormai sono segnato e c’è da sperare che mi trovi la polizia prima di loro, avrei qualche possibilità in più di scampare; tutto quello<br />

che posso è fuggire in tondo, rasente i muri e pestare cicche e lattine appiattite al suolo, Vlady e gli altri non vorranno neanche saperne,<br />

ormai sono bruciato, hanno giocato con me, sbavavano per fare e cercavano solo un povero cristo per investirlo dell’opera e scaricargli<br />

tutto addosso, e ora sono solo, solo col buio senza più ombre, solo con gli Albanesi.<br />

Ce n’è voluto nonostante, perché li unificassi ai comunisti, col tempo gli spigoli si ottundono e non ero più tanto sicuro del mio odio;<br />

proprio per questo cercavo qualcosa per rinfocolarlo. L’occasione me l’ha offerta proprio Vlady. L’ho rincontrato un anno fa dopo tempo<br />

incalcolabile, era sparito così, nel nulla, con quella spilungona antipatica dai capelli che erano tanti spilli; mi salutava appena per via quando<br />

era abbracciato a lei, e io rispondevo appena rodendomi che fossi sempre da me coi miei passi, l’avrei voluta anch’io una cui aggrapparmi e<br />

perdermi in bacetti e smancerie. La cosa aveva scavato un solco tra noi, e neanche dopo che s’erano mollati, piuttosto male a quanto mi<br />

era giunto, avevamo ripreso a frequentarci; i nostri rapporti s’erano ridotti ai ciaocomè negli incontri occasionali, col contorno sporadico di<br />

poche chiacchiere portate avanti con imbarazzo affrettando il momento del distacco.<br />

Un giorno mi ha telefonato. Voleva vedermi, con una certa urgenza. In nome del nostro vecchio credo, vecchio ma mai morto, vero?, ha<br />

aggiunto. Il desiderio di riprendere il contatto, di mettere a posto un conto ingiustamente sospeso è stato superiore a tutto. La sera dopo,<br />

al pub, è andato subito al sodo. Ha tralasciato gli anni in mezzo come se non fossero stati e mi ha rammentato, fosse stato necessario, il<br />

tempo della nostra causa, i discorsi della cantina con la birra da muratori e le cassette che frusciavano. Ora si può riattaccare il filo, diceva.<br />

Non sono più gli anni dei comunisti, c’è di peggio ora, bei tempi allora che avevamo meno impedimenti a odiare e nessuno ti dava del<br />

razzista. Ora il nemico si chiama Albanesi, sputacchiava sulla mia maglia come quei giorni della cantina, sono loro che mettono a<br />

repentaglio la nostra razza, la delinquenza è esplosa in Italia da che sono sbucati dalle loro tane, rozzi laidi invasori della nostra identità. È<br />

inutile nascondersi dietro un dito, si accalorava Vlady dopo aver vuotato la seconda media, non sono come noi e qui non ci devono stare,<br />

già i meridionali sono di troppo e senza si starebbe meglio, ma ormai ce li dobbiamo tenere; figuriamoci questi qui che sono della stessa<br />

famiglia, anche gli Albanesi minano la nostra identità dalle fondamenta: dobbiamo far fronte per ricacciarli, cominciare a dare l’esempio.<br />

Mi ha dato l’appuntamento per qualche sera dopo con gli altri, stavano organizzando un gruppo, avevano già qualche piano. Io mi ero<br />

sistemato da usciere in comune passando per spazzino e bidello, proprio in comune dove comandavano i compagni, vendetta vigliacca della<br />

sorte, ma forse hanno il potere contato, alle prossime elezioni li manderanno a casa, mentre me chi mi mandava più via di lì; stavo ancora<br />

con mia madre, non mi riusciva d’indovinare la mira a uno straccio di donna, e il resto erano scarse frequentazioni di amici nel senso più<br />

largo della parola

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