Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca
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Da L’attimo dopo, 2010<br />
Massimo<br />
Gezzi<br />
116<br />
Rotonda di notte<br />
Costeggiando la rotonda attraversi<br />
il buio temporaneo di un’aiuola<br />
gigante, poi di nuovo luci, lampioni,<br />
le zampe di locusta del tram<br />
sui fili elettrici. Intorno le automobili,<br />
i grembi appannati in cui tre,<br />
quattro persone si scambiano sollievo.<br />
Sopra, tutto intorno, le infinite<br />
caselle di cemento e di vetro,<br />
le case di cui si esce di soppiatto,<br />
a testa bassa, come se ciascuno<br />
di questi appartamenti, abitacoli,<br />
avesse più importanza e dignità<br />
di quello a fianco, potesse promettere<br />
un briciolo di luce oltre il buio profondo<br />
che resta attraversata la rotonda,<br />
assicurate le persiane.<br />
Insonnia<br />
Una notte spesa male è poca cosa:<br />
se la guardi in filigrana è solo un punto<br />
tra tanti e un punto<br />
perde di consistenza sullo sfondo<br />
del tempo. Perciò sarebbe bello<br />
ingoiare una pastiglia per spezzare<br />
la stanchezza del lavoro e stare<br />
fissi sul terrazzo a dividere il vento,<br />
che sbatte le persiane non fermate<br />
della casa dirimpetto –<br />
e sbirciandoci attraverso contemplare<br />
l’equilibrio di quiete della sala,<br />
le spie degli standby che bruciano<br />
il buio – ma capire specialmente<br />
cosa dice una rondine<br />
che passa e garrisce alle tre<br />
del mattino: che fine del mondo<br />
c’è in quel grido, e l’attimo dopo<br />
che silenzio.