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Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca

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OPERA PRIMA<br />

Le rondini<br />

Di Manet<br />

di Anna Elisa<br />

De Gregorio<br />

48<br />

IMPERFETTA VOCE<br />

Facile silenzio la notte<br />

nella città di pace apparente.<br />

Si fa chiaro lo scivolare<br />

delle ruote sulla strada,<br />

le lancette che dalla cucina<br />

girano le ore, battono il cuore.<br />

Ritornano le verità di madre<br />

messe in dubbio alla luce<br />

dell’adolescenza (da ragazzi<br />

è sempre troppo giorno per sentire,<br />

si scappa dal buio delle stanze).<br />

Ogni inverno mia madre diceva:<br />

«Ci sono fiammelle nella legna<br />

giù in cantina, accatastate<br />

vite in un saio di penitenza,<br />

di notte diventano viventi».<br />

Disatteso richiamo: per paura<br />

ho negato le sue vere parole<br />

sotto coperte di silenzio.<br />

Stanotte le primitive fiammelle<br />

hanno un contorno, le ascolto.<br />

«Eppure, eppure…» dice la voce.<br />

LA MENTE IMPERFETTA<br />

Una sagoma sformata in piedi,<br />

dita strette alle lance del cancello,<br />

grate che entrano quasi nel pigiama:<br />

e le parole un soffio sulla strada.<br />

Adesso il cancello del manicomio<br />

è spalancato: pazienti effimeri,<br />

verde struttura di burocrazie.<br />

Nate dalla malattia disobbediente<br />

si intromettono le ombre di allora<br />

fra i cartelli da disperate stanze.<br />

Nient’altro che invocazioni libere<br />

in nicchie di mattoni, fra navate<br />

di legno con l’aria non troppo vecchia,<br />

non proprio abbandonata alla polvere.<br />

Erba corta che ogni anno torna nuova<br />

e alberi altrettanto smemorati,<br />

cresciuti accanto a vite senza nome.<br />

Per raccontarli basta la magnolia,<br />

per sapere gli alberi preservati<br />

dal dolore, isole di chiunque, ultimo<br />

o primo, sia disposto a uno sguardo.<br />

Portano segni sul tronco, intagliati<br />

cuori, appunti trascorsi di prigione.

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