Leonardo Mancino - Arcipelago Itaca
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OPERA PRIMA<br />
Le rondini<br />
Di Manet<br />
di Anna Elisa<br />
De Gregorio<br />
39<br />
Si è detto contrappunto… Si tratta di un contrappunto non così palese, però; di un “dispositivo” che<br />
mette in parallelo due effetti di contrasto non dichiarandone apertamente uno. L’effetto di contrasto,<br />
l’estremo dichiarato - rivelato anche dall’autrice nella Nota finale - è quello che mette al centro del fare poesia<br />
di Anna Elisa De Gregorio, quasi come fosse il punto di avvio per ogni riflessione, le piccole cose. Le piccole<br />
cose che interessano il poeta sono gli oggetti riposti, abbandonati o che si usano, le piante e la vita silenziosa<br />
di queste, le minime visioni degli uomini che nell’immediato tendono a svanire (l’eco delle frasi, i luoghi che si<br />
frequentano o anche solo si scorgono o che tornano per un attimo alla memoria). Questa materia e queste<br />
vicende apparentemente marginali sono come immobilizzate nel tempo che si fa sguardo vigile e sospeso ed<br />
offerto al lettore in un racconto che è volutamente leggero e minimo e, proprio per questo, unità di misura e<br />
speciale scandaglio, così li definisce Fo, ideali per filtrare la realtà e per esaltare quell’immenso opposto che il<br />
poeta sceglie di non dire troppo direttamente, di rendere in qualche modo nascosto, perché sa che non potrà<br />
mai essere compiutamente detto: la vita, l’essere al mondo di tutto ciò che nel mondo vive. Un esempio<br />
mirabile, anche per sintesi ed immediatezza, di quanto si è appena affermato è la prima delle due quartine<br />
che compongono il breve testo dedicato a Sandro Penna (uno tra i poeti del Novecento italiano più votati al<br />
racconto in versi delle piccole cose) e che , per l’appunto, s’intitola Un piccolo sogno: “Ho baciato un ragazzo, /<br />
la saliva e il sorriso, / e so perché si vive / la vita per un sogno.”.<br />
Le serie di haiku poste a chiusura di ognuna delle tre parti che strutturano la raccolta testimoniano e<br />
supportano, così come la delicatezza del timbro poetico (che tanto è sembrata stridere con il sostantivo<br />
inseguimento di cui all’inizio di questa nota), questo contrappunto continuo che ne Le rondini di Manet si<br />
concentra su ciò che è minuscolo - intimo, del singolo individuo - per esaltare ciò che è smisuratamente ed<br />
inspiegabilmente più grande e comune a tutti.<br />
Ma non è sempre del vivere, in fondo, sia esso osservato attraverso la prospettiva che va dall’esiguo allo<br />
straordinariamente più grande o viceversa, che il poeta e la poesia disquisiscono? Non è dell’essere degli<br />
uomini che si continua a trattare? Questo nostro esistere così variamente ed inesorabilmente imperfetto e,<br />
anche, semplicemente perfetto quando meno te lo aspetti (la cosiddetta eccezione che conferma la regola) è<br />
collocato dall’autrice, in particolar modo nella sezione centrale del libro, in una dimensione come sfocata che<br />
stupisce per la serenità con la quale si tenta di descrivere, usando ancora le parole di Fo, il mistero che ci<br />
avviluppa (un enigma che si materializza nei titoli e nei sottotitoli dati alle poesie; titoli e sottotitoli che sono