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Ivan Dobnik - Vilenica

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Notturno<br />

A cosí breve distanza di me<br />

asse e buio della mia gravitazione<br />

faccio irruzione nella mente di chi sono<br />

celebrando l'ascensione del sonno:<br />

ecco la terra persa, notte<br />

vento d'estate vieni<br />

vento che mi sottrai e imporpori<br />

e viene un notturno che si depone<br />

come il palmo di un padre<br />

ma dove vai ma dove<br />

ma 'ndolà vastu, ce fastu, tu, garibaldìn<br />

tu cosí qualunque<br />

avevi dieci anni leggeri<br />

vele mosse dalla medesima brezza<br />

avevi due mani un faccino<br />

dieci dita per contare gli anni<br />

e tutto un suolo, piumato di freschezza;<br />

avevi di te<br />

quanto bastava di te.<br />

Interno giorno<br />

Per dire che cosa mi tengo<br />

per dire che cosa, leggendo<br />

uno spartito che trattenga il cielo<br />

alto, sempre alto, per ogni pagina ascoltata<br />

dentro il fumo<br />

dentro ogni gola pietrificata<br />

qui, dove non volevo<br />

dentro il rumore di prima<br />

il rumore di dopo<br />

dove sempre ci si ritrova<br />

quando un vento, un contorno<br />

dopo che non si è capito<br />

e qualcosa come uno stormo si stacca<br />

in fuga dall'incendio<br />

una nota, dai vetri, una voce<br />

il breve sussurrare dei poeti.<br />

Pierluigi Cappello · 63

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