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Perdita del centro - Università Gabriele d'Annunzio

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Seldmayr PERDITA DEL CENTRO 114<br />

mento senza anima può voler dire una mancata nostalgia di fraternità universale. 203<br />

Vari sintomi nel campo <strong>del</strong>l'arte denotano forse anche un'autentica necessità misconosciuta,<br />

cioè l'impulso verso la purezza, il deciso aut aut, il ritorno al primitivo o a ciò<br />

che si intende sotto questo nome, il desiderio di librarsi. Perfino nelle visioni infernali<br />

dalle quali, nell'arte moderna, l'uomo sembra essere spesso ossessionato, egli tormenta<br />

se stesso; spesso si tormenta, però, perché l'idea di Dio o <strong>del</strong>l'uomo è perduta o sfigurata.<br />

"L'uomo sacrifica il suo intelletto non potendo risolvere i conflitti morali e risolvere<br />

i compiti <strong>del</strong>la vita" (W. Solowjow).<br />

Anche il rifugiarsi <strong>del</strong>l'arte nel mondo <strong>del</strong> sogno dipende, in sostanza, da un'idea -<br />

sia pure esagerata e unilaterale - <strong>del</strong>l'essenza <strong>del</strong>l'arte, idea indubbiamente più profonda<br />

che non concezione accademica o ingenuamente realistica <strong>del</strong>l'arte stessa, che<br />

all'uomo incolto appare come naturale. 204<br />

Questi errori possono, in genere, affermarsi solo perché non lottano con la piena verità<br />

che essi non conoscono o non vogliono conoscere, bensì con oscuramenti e caricature<br />

<strong>del</strong>la verità. Così l'errore e la reazione all'errore si allontanano sempre più dal<br />

<strong>centro</strong>.<br />

In sostanza oggi si può soltanto arguire che si è lottato (anche se attraverso vie sbagliate<br />

e in un primo tempo senza successo) per raggiungere un'immagine più profonda<br />

e più ampia <strong>del</strong>l'uomo e di Dio nell'uomo (forse, soprattutto <strong>del</strong>la prima persona di Dio),<br />

e che questo desiderio non soddisfatto ha portato a profonde e terribili esperienze<br />

<strong>del</strong>la morte, <strong>del</strong> caos e <strong>del</strong>la demonìa, le quali offrono lo stimolo verso una grande risurrezione,<br />

verso l'ordinamento e la purificazione nelle condizioni <strong>del</strong>l'uomo e <strong>del</strong> suo<br />

mondo.<br />

Perciò è anche impossibile cercare la guarigione in un puro e semplice ritorno alle<br />

condizioni precedenti. Sarebbe negare la verità se si dicesse che proprio nei traviamenti<br />

si manifesta un'autentica esigenza. Tutti i tentativi di restaurare l'equilibrio perduto,<br />

mediante l'introduzione di una più antica immagine <strong>del</strong>l'uomo, di combattere<br />

l'assenza di umanità - caratteristica <strong>del</strong>l'epoca - mediante un puro e semplice umanismo,<br />

sono soltanto espressioni di un desiderio privo di un'autentica forza risanatrice.<br />

Sarebbe come se l'uomo triste volesse cacciare la sua tristezza con il proprio abituale<br />

sorriso: questo sorriso non potrebbe essere altro se non una maschera. La bella umanità<br />

estetica non è un rimedio ma soltanto un "gesto" e tutto al più un palliativo. La<br />

nostalgia per i giorni alcionei <strong>del</strong> Biedermeier, <strong>del</strong> "buon tempo antico", <strong>del</strong> tempo in<br />

cui, almeno apparentemente, l'elemento umano aveva un posto fisso al <strong>centro</strong> <strong>del</strong>la<br />

nuova era è un tentativo per sfuggire alla via più difficile, è una sostituzione <strong>del</strong> vero<br />

<strong>centro</strong> - nel senso trascendente – con la mediocrità di un puro e semplice juste milieu,<br />

e significa voler disconoscere che, anche intorno a quella tranquilla isola ove non spira<br />

un alito di vento, si fosse già aperto il precipizio <strong>del</strong>l'inumano e <strong>del</strong> nulla.<br />

Ma anche il compito di preservare ciò che è ancora sano, non deve consistere<br />

nell'aggirare i pericoli. La sostanza tramandata può conservarsi solo se si mantiene in<br />

uno stato di continuo rinnovamento. Si potrebbero applicare alla storia <strong>del</strong>le epoche le<br />

frasi di Hegel, quelle cioè che parlano <strong>del</strong>la potenza e <strong>del</strong>l'elemento negativo. "La morte,<br />

se vogliamo chiamare così quella irrealtà, è la cosa più paurosa, e mantenere ciò<br />

che è morto esige la massima forza. La bellezza senza forza odia lo spirito perché esso<br />

pretende da lei ciò che la bellezza non può dare. Ma la vita <strong>del</strong>lo spirito non è una vita<br />

che teme la morte e si preserva pura dalla distruzione, bensì una vita che sopporta la<br />

morte e in essa si conserva: è la vita <strong>del</strong>lo spirito". 205 Frasi, queste, che potrebbero anche<br />

valere per la via percorsa dall'arte durante il secolo diciannovesimo.<br />

Chi in maniera più esatta ha considerato il problema <strong>del</strong>la conservazione è stato W.<br />

Solowjow: l'immagine <strong>del</strong>l'uomo e di Dio nell'uomo, sia pure apparentemente sfigurata,<br />

deve essere trasportata sull'impetuoso fiume <strong>del</strong> tempo, nella fiducia che essa ne esca<br />

trasformata e, insieme, rinnovata. "Se tu, uomo <strong>del</strong> presente, vuoi essere un uomo <strong>del</strong><br />

futuro, non dimenticare fra le rovine fumanti il tuo progenitore Anchise e gli dèi Penati<br />

203 N. BERDJAJEW, Von der Bestimmung des Menschen, cit., p. 150.<br />

204 Cfr. I. ZANGERLE, Die Bestimmung des Dichters, nella rivista "Der Brenner", XVI serie, 1946, p. 121.<br />

205 Einführung in die Phänomenologie des Geistes, Bamberga 1807.<br />

6 aprile 2013

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