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Perdita del centro - Università Gabriele d'Annunzio

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Seldmayr PERDITA DEL CENTRO 51<br />

sa. La separazione <strong>del</strong>la decorazione dalla struttura non comincia (come pensa Le Corbusier)<br />

con la costruzione metallica, ma già sin dalla fine <strong>del</strong> secolo diciottesimo, con<br />

gli ornamenti ad "applique".<br />

La vera causa <strong>del</strong>la morte <strong>del</strong>l'ornamento va ricercata nel fatto che l'ornamento, plastico<br />

o pittorico che sia, deve essere applicato - per la sua stessa natura - a qualche<br />

cosa che lo sostenga (all'architettura, alla suppellettile, in origine anche al corpo umano<br />

e alle vesti) e non ha più ragion d'essere se, nell'aspirazione verso la purezza, quelli<br />

che erano i suoi sostegni lo allontanano da sé. L'ornamento è l'unica specie d'arte che<br />

non può sussistere autonoma. Perciò, l'ornamento muore.<br />

Esso non può neppure divenire un ornamento puro; questa denominazione sarebbe,<br />

in se stessa, priva di senso. Come nella pittura e nella scultura assolute, l'ornamento<br />

può in ogni caso eliminare i residui di un significato o di un'allusione concreta - che<br />

esso possedeva agli inizi e che mantenne sino all'ultimo - e trasformarsi poi in un disegno<br />

astratto di linee e di macchie. Ma, così facendo, esso non manterrebbe il suo carattere<br />

di ornamento e neppure la sua purezza.<br />

Anche là rinascita architettonica di stili più antichi non ha determinato un'autentica<br />

rinascita degli ornamenti che erano loro propri. La mancanza di vita di queste rinascite<br />

si manifesta per l'appunto nell'ornamento. L'idea che l'ornamento possa avere una<br />

"profondità" (non però in senso spaziale) e che possa esprimere spiritualmente uno<br />

speciale contatto fra l'uomo e le cose è andata perduta col tempo. Il disegno astratto<br />

non possiede più questa forza.<br />

IL DISSOLVIMENTO DEI CONFINI DELL'ARTE<br />

Mentre da una parte le singole arti, seriamente preoccupate <strong>del</strong>la loro purezza, si<br />

chiudono nell'isolamento, esse dissolvono dall'altra (in un primo tempo senza rendersene<br />

conto, in seguito però con perfetta consapevolezza) il campo <strong>del</strong>l'arte. I confini<br />

<strong>del</strong>l'arte cominciano a spostarsi verso altri campi.<br />

Nel giardino "all'inglese" questi confini svaniscono nella natura. Il nuovo giardino è<br />

un'opera incompiuta, alla quale insieme con l'artista lavora anche la natura, che lo trasforma<br />

continuamente con l'avvicendarsi <strong>del</strong>le stagioni e ancor più col trascorrere dei<br />

decenni e degli anni. Infatti non sarebbe giusto ammettere che esiste soltanto un determinato<br />

momento, cioè una data stagione e un preciso stato vegetativo, nel quale<br />

l'opera d'arte <strong>del</strong> giardino si mostra compiuta, e che tutti gli altri stati precedenti e seguenti<br />

diminuiscano il senso e l'effetto di esso. Così non avevano pensato i creatori di<br />

questa nuova arte. Non in una determinata stagione, ma nel corso di ogni anno e col<br />

passare <strong>del</strong> tempo, si forma il senso unitario di quest'opera d'arte instabile e mutevole<br />

come la natura stessa. Questo elemento proteiforme <strong>del</strong>la nuova arte viene sentito<br />

proprio come una qualità di essa. "Ma la vegetazione è soggetta a trasformarsi al massimo.<br />

Prescindendo dal suo vegetare, essa ha bisogno in continuazione di essere completata<br />

e rinnovata; la forma voluta non si presenta perciò sempre in maniera pura e<br />

spesso non rivela più la volontà <strong>del</strong>l'artista. Proprio per questo il giardino si mantiene<br />

in uno stato singolare di sospensione fra pura arte e pura natura". 99 Può accadere che,<br />

osservando un determinato giardino, non si possa più riconoscere dove comincia l'opera<br />

<strong>del</strong>l'uomo e dove quella <strong>del</strong>la natura. E questa situazione è nuova (figg. 3, 4).<br />

Non è giusto che la confusione dei confini si riferisca solo ad uno spazio marginale.<br />

Essa riguarda invece anche l'essenza di quest'arte e affonda le sue radici in una interpretazione<br />

nuova <strong>del</strong> rapporto che esiste fra natura ed arte in genere. "Nel preciso<br />

momento in cui si comincia a considerare artisticamente la creazione... e ciò che è<br />

'naturale' viene identificato con ciò che è 'perfetto', si cancellano non soltanto i confini<br />

fra arte e natura, ma anche quelli fra bellezza artistica e bellezza naturale. Ne consegue<br />

che l'epoca si è abituata a dare troppa ampiezza al concetto di opera d'arte". 100<br />

99 F. HALLBAUM, op. cit.<br />

100 Ibid.<br />

6 aprile 2013

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