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Perdita del centro - Università Gabriele d'Annunzio

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Seldmayr PERDITA DEL CENTRO 136<br />

Tutta la diagnosi <strong>del</strong>l'epoca potrà avere i suoi effetti soltanto quando essa venga adoperata<br />

in riferimento a se stessi, cioè per conoscersi e per diventare migliori.<br />

Se, così tacendo, si potrà ottenere un cambiamento <strong>del</strong>la situazione generale non è<br />

possibile saperlo, ma:<br />

"Fa che il movente sia nell'azione e non nell'esito di essa" (Ludwig van Beethoven).<br />

Non bisogna abbandonare la fiducia che il singolo individuo, guarendosi da solo,<br />

possa contribuire alla guarigione di tutti. Nel dolore esiste infatti una solidarietà. Anche<br />

la malattia ha avuto inizio con la dissoluzione <strong>del</strong>le singole cellule. E la supereranno<br />

soltanto coloro che hanno vinto radicalmente dentro di sé il turbamento generale e<br />

si sono rinnovati.<br />

La società non potrebbe progredire "se non nascessero continuamente uomini ai<br />

quali - siano essi volenti o nolenti - viene trasmesso il privilegio di rinnovare e di assimilare<br />

o anche di anticipare il futuro e che, con il loro sacrificio e avendo fede in ciò<br />

che ancora non vedono, tengono aperto il presente all'azione <strong>del</strong>l'avvenire...; e questi<br />

spiriti profetici formano in ogni epoca la vera giovinezza <strong>del</strong>la società in quanto ciò<br />

che non è ancora nato nel tempo è indubbiamente più giovane di ciò che, da poco, è<br />

realmente nato". "Giovane è infatti tutto ciò che è vicino alla propria origine". 232<br />

Ma il rinnovamento può essere tentato soltanto quando la situazione in cui ci si trova<br />

venga sentita come un male, quando di essa si soffra, quando ci si vergogni e quasi<br />

ci si disperi per la degradazione in cui è caduto l'uomo.<br />

E anche quando al tempo stesso si prenda su di sé il dolore e si cerchi di dargli un<br />

senso. "Il mistero consiste nel fatto che dal dolore nascono salutari forze superiori"<br />

(Ernst Jünger).<br />

La speranza esiste là dove si soffre più profondamente.<br />

Occorre dire a questo proposito che nei secoli diciannovesimo e ventesimo coloro<br />

che più profondamente hanno sofferto sono stati proprio gli artisti, quelli cioè il cui<br />

compito consisteva nel rendere manifesta, in terrificanti visioni, la caduta <strong>del</strong>l'uomo e<br />

<strong>del</strong> suo mondo. Nel secolo diciannovesimo esiste un tipo assolutamente nuovo di artista<br />

che soffre, di artista solitario, che erra disperato e sta alle soglie <strong>del</strong>la pazzia; quel<br />

tipo che una volta esisteva, al massimo, come eccezione. Gli artisti <strong>del</strong> diciannovesimo<br />

secolo, gli spiriti grandi e profondi appaiono spesso come esseri che vengono sacrificati<br />

e che si sacrificano. Da Hölderlin, Goya, Friedrich, Runge, KIeist, attraverso Daumier,<br />

Stifter, Nietzsche (anch'egli artista) e Dostojewskij, fino a Van Gogh, Strindberg<br />

(col suo grido "È proprio peccato per gli uomini!"), Marc e Trakl, esiste una grande solidarietà<br />

nelle sofferenze dei tempi. Tutti soffrono perché Dio è lontano o è "morto" e<br />

perché l'uomo è degradato.<br />

È più di tutti l'occidente a soffrire di questo stato di cose. La speranza spirituale sta<br />

perciò proprio qui, per male che vadano le cose.<br />

Nella disperazione esistono, anzi, perfino possibilità positive, a patto però che la disperazione<br />

sia vera. "Esistenzialmente può disperarsi soltanto colui la cui esperienza<br />

dei valori giunge fino alle profondità - non più definibili razionalmente - <strong>del</strong>la sua esistenza.<br />

Quanto più profondo, per esempio, è l'amore di un uomo... tanto più egli corre<br />

il pericolo <strong>del</strong>la disperazione se gli viene strappato l'oggetto <strong>del</strong> suo amore. La disperazione<br />

può divenire, quindi - non per tutti, ma solo per alcuni - un "atto" in cui si aprono<br />

per la prima volta le profondità <strong>del</strong>l'esistenza. Quegli uomini devono superare il<br />

punto morto <strong>del</strong>la crisi per trovare il loro <strong>centro</strong> metafisico di gravità…, per apprendere<br />

su quali valori si basa, con irrevocabile necessità, la loro vita" (Philipp Lersch). Solo<br />

quando l'occidente sarà capace di un tale rinnovamento, esso tornerà ad essere mo<strong>del</strong>lo<br />

e fiaccola <strong>del</strong> mondo.<br />

"Vi sono uomini che hanno bisogno <strong>del</strong>la catastrofe" (Christian Morgenstern). E, forse,<br />

anche popoli; forse anche civiltà.<br />

Ma, quanto all'arte, forse non sarà ancora possibile riempire un poco il vuoto <strong>centro</strong>;<br />

e dovremo forse aspettare ancora a lungo questo momento. Deve però rimanere viva la<br />

232 Secondo F. VON BAADER, Elementarbegriffe über die Zeit als eine Einleitung zur Philosophie der Sozietät<br />

und der Geschichte, 1831.<br />

6 aprile 2013

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