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Perdita del centro - Università Gabriele d'Annunzio

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Seldmayr PERDITA DEL CENTRO 130<br />

quello che fu, come apporto, sostegno ed anche come ostacolo, e costituisce perciò un<br />

elemento operante <strong>del</strong> presente. E analogamente il futuro non è semplicemente ciò che<br />

deve accadere in un qualsiasi lontano momento e perciò ancora non è, ma è anch'esso,<br />

in sostanza, ciò che è contenuto dal presente come compito e scopo, come speranza e<br />

timore, e costituisce perciò una parte indissolubile di questo presente. Senza questi<br />

rapporti col futuro un puro e semplice presente non avrebbe perciò alcun senso". 227<br />

Ma non la sola teoria bensì tutto l'uomo decide, mediante la conoscenza e l'azione,<br />

se debba entrare nel mondo ciò che è sperato o ciò che è temuto.<br />

"Il massimo compito morale [tanto nella vita individuale quanto in quella collettiva]<br />

consiste nel costruirsi la vita al di là <strong>del</strong>la prospettiva <strong>del</strong> tempo e <strong>del</strong>le preoccupazioni<br />

<strong>del</strong> futuro" (W. Solowjow), avendo di mira soltanto l'eternità <strong>del</strong>l'uomo e la sua origine,<br />

non già nel tempo ma fuori <strong>del</strong> tempo.<br />

Capitolo diciassettesimo<br />

PROGNOSI<br />

"Solo perché non sappiamo capire e indagare giustamente il presente, ci affatichiamo<br />

a studiare con spirito il futuro" (PASCAL, Ottava lettera a M.lle de Roannez, 1656).<br />

Poiché le caratteristiche di questo periodo, com'è stato detto, sono uniche, non è affatto<br />

possibile fare una prognosi confrontando quest'epoca con altre epoche storiche.<br />

La prognosi si otterrà piuttosto bilanciando le forze distruttive con quelle costruttive.<br />

A questo punto è necessario domandarsi se il processo non sia irreversibile. I singoli<br />

fenomeni - specialmente l'isolamento <strong>del</strong>le arti e il loro dissolvimento nella sfera extra-artistica,<br />

nonché il loro irrigidimento e la loro frantumazione - sembrano infatti<br />

giunti ad un punto in cui ci si deve chiedere se siano o no già comparse quelle condizioni<br />

che Goethe aveva profeticamente descritte nel suo schizzo "Epoche <strong>del</strong>lo spirito"<br />

(1818).<br />

"Infatti, al momento in cui si diffonde questa specie di sensibilità, segue immediatamente<br />

l'ultima epoca che noi possiamo chiamare prosaica. Essa infatti non vuole umanizzare<br />

il contenuto <strong>del</strong>l'epoca precedente, assimilarlo al puro intelletto umano e<br />

all'uso comune, ma vuole attrarre tutto ciò che è più antico verso le forme <strong>del</strong>l'elemento<br />

giornaliero e in questo modo distruggere completamente sentimenti primitivi, fede<br />

di popolo e di sacerdoti, e anche la fede nell'intelletto che, pur manifestando alcune<br />

stranezze, presuppone ancora una lodevole coesione.<br />

Una tale epoca non può durare a lungo. L'esigenza umana eccitata dai destini <strong>del</strong><br />

mondo supera, a ritroso, la linea intellettiva, mischia fra loro fedi di sacerdoti e di popolo<br />

con fedi primitive, si rifà ora qua ora là a tradizioni, sprofonda in misteri, pone le<br />

fiabe al posto <strong>del</strong>le poesie e le solleva a norme di fede. Invece che insegnare intelligentemente<br />

ad agire con calma, si spargono, ovunque arbitrariamente, semi e insieme<br />

erbe cattive; non esiste più un "<strong>centro</strong>" verso il quale si possa guardare; tutti si fanno<br />

avanti come maestri e come guide e offrono la loro completa stoltezza come se fosse<br />

un'unità perfetta.<br />

Viene così distrutto il valore di ogni mistero, la stessa fede popolare viene consacrata;<br />

qualità che prima si manifestavano sviluppandosi naturalmente l'una dopo l'altra agiscono<br />

ora come elementi in lotta tra loro. E così si forma di nuovo un bailamme, ma<br />

non come il primo, fecondo, e capace di generare; un bailamme che muore, che imputridisce,<br />

col quale lo spirito divino potrebbe a mala pena creare di nuovo un mondo<br />

che fosse degno di Dio".<br />

Ripeto: questo problema non deve essere confuso con quello legato alla caduta<br />

<strong>del</strong>l'occidente. Per la prognosi (e questo sembrerà a prima vista strano e poco convincente)<br />

è <strong>del</strong> tutto indifferente se si crede - con Spengler - ad una morte <strong>del</strong>la civiltà<br />

227 O. F. BOLLNOW, Das Wesen der Stimmungen, 1941.<br />

6 aprile 2013

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