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Perdita del centro - Università Gabriele d'Annunzio

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Seldmayr PERDITA DEL CENTRO 133<br />

le basi di una civiltà superiore. La coltivazione <strong>del</strong>la terra, <strong>del</strong>le sue piante e <strong>del</strong>le sue<br />

creature, come pure il culto dei suoi morti è infatti, e soprattutto, "cultura".<br />

"L'America settentrionale offre un esempio impressionante (che <strong>del</strong> resto ha paralleli<br />

anche altrove) <strong>del</strong> punto al quale si possa giungere. Per ottenere raccolti che rendano<br />

al cento per cento, nelle vaste praterie <strong>del</strong>l'Ovest … è stato sradicato ogni arbusto, ogni<br />

cespuglio selvatico per coltivarvi il grano. 228<br />

"Oggi questa enorme estensione di terra è abbandonata e sta diventando deserto.<br />

L'antico terreno coltivato a grano è divenuto preda <strong>del</strong> vento e da anni la sua polvere<br />

passa come una bufera sulla metà <strong>del</strong> continente per precipitare poi nell'Oceano Atlantico.<br />

Soltanto l'11 maggio <strong>del</strong> 1934 furono portati via dal vento 300 milioni di tonnellate<br />

di terreno fertile; 45 milioni di ettari di terra nell'lllinois, nel Maryland e nella Carolina<br />

<strong>del</strong> Nord sono andati distrutti, 55 milioni gravemente danneggiati, 45 milioni<br />

minacciati di distruzione. Con una leva di 650.000 lavoratori il governo americano<br />

vuole ripiantare miliardi dì alberi per arginare il regresso <strong>del</strong>l'area coltivata, sempre in<br />

diminuzione verso oriente. I tentativi saranno inutili fino a quando queste misure protettive<br />

saranno concepite con spirito essenzialmente meccanico.<br />

"Questo sia detto per ciò che riguarda gli effetti fisici sull'agricoltura di ieri; quelli<br />

metafisici non sono migliori.<br />

"Costretta da una dura necessità, l'America fa oggi pressappoco l'opposto di quello<br />

che noi abbiamo ritenuto, fino ad oggi, essere ancora giusto. 229 Essa scuote l'eredità e<br />

le conquiste <strong>del</strong> secolo diciannovesimo e cerca sistemi di lavoro che non sono se non<br />

un ritorno a tradizioni medievali. [Non però ritorno al medioevo!] Essi <strong>del</strong>imitano i<br />

campì con curve di livello eliminando l'angolo retto; noi invece, che abbiamo necessità<br />

di avere campi ad angolo retto, usiamo praticare la rettificazione dei nostri ruscelli e<br />

dei nostri fiumi. Essi creano terrazzamenti nel terreno collinoso; noi invece regoliamo i<br />

nostri campi secondo la bonifica <strong>del</strong> terreno. Essi danno ai loro campi la forma di sottili<br />

strisce per avere, insieme e le une vicine alle altre, diverse specie di frutti; da noi si<br />

cerca invece di ottenere appezzamenti sempre più vasti forse per la nostalgica ammirazione<br />

di quelle immagini <strong>del</strong> Far West che, sino dall'infanzia, si erano impresse nella<br />

nostra mente e nelle quali falciatrici tirate da trentadue cavalli lavorano continuamente<br />

su campi di grano vasti come province. Essi piantano siepi e boschetti; noi sradichiamo<br />

quelli che non sono ancora stati messi sotto il controllo di istituzioni che proteggono<br />

la natura. Negli angoli dei campi, essi seminano miglio, saggina, girasoli ecc. da usare<br />

come foraggio per gli uccelli e per la selvaggina; noi, invece, strappiamo a questi ultimi<br />

l'ultimo spazio per il loro nido e la loro vita. Essi allevano nuovamente il castoro perché<br />

costruisca senza spesa gli argini alle correnti, raccolgono acqua negli aridi letti dei<br />

fiumi e introducono pesci dove finora non potevano viverci; noi invece distruggiamo<br />

ricchi vivai di trote. Con quei mezzi semplicissimi da noi disprezzati (fosse scavate a<br />

mano, pozze, stagni, argini di terra) essi raccolgono l'acqua di tutti i corsi, la pioggia e<br />

la neve per immetterle poi, senza che vadano perdute in corsi sotterranei; noi facciamo<br />

invece defluire l'acqua da intere regioni. Essi cercano, con gli stessi mezzi, di trattenere<br />

nel solco ogni granello di terreno coltivabile; e noi lo lasciamo andare al mare come<br />

un detrito di fiume e lo recuperiamo nelle lagune con infinita fatica per fargli poi risalire<br />

i fiumi sotto forma di melma su barche da rimorchio. L'immagine sognata dall'ingegnere<br />

<strong>del</strong> "Soil conservation service" americano è un paesaggio tutto cosparso di bo-<br />

228 Citazione, con lievi omissioni e cambiamenti, da ALWIN SEIFERT, Die Versteppung Deutschlands, nella<br />

rivista "Deutsche Technik", 1957, in cui Seifert si basa a sua volta sullo scritto <strong>del</strong>l'americano H. S. PERSON,<br />

Little Waters, e su informazioni <strong>del</strong> capo <strong>del</strong> "Soil conservation service".<br />

229 Il Seifert si riferisce alle condizioni <strong>del</strong>la Germania. Sull'Austria egli così si esprime: "La più bella contrada<br />

tedesca è quella situata a settentrione alla base <strong>del</strong>le Alpi, nell'alta e nella bassa Austria, Non è una<br />

contrada ricca di boschi, ma il bosco con la sua benedizione è dappertutto. Ogni viottolo in mezzo ai campi,<br />

ogni ruscello, ogni linea di demarcazione <strong>del</strong> terreno è ornata da alberi e da cespugli in folte file. Tutta la<br />

campagna racchiusa fra queste siepi è coltivata nel migliore dei modi. Il fondersi <strong>del</strong>la maggiore bellezza con<br />

il più alto grado di rendimento è dimostrato dalle masserie che appaiono qua e là come fortezze; fra queste<br />

masserie quadrate ve ne sono alcune che possiedono un ettaro di terra a coltivazione intensiva. L' "arretrato"<br />

spirito <strong>del</strong>l'Austria ha impedito che si godessero i benefici <strong>del</strong>l'agraria <strong>del</strong> sec. 19°. Perciò i contadini stanno<br />

ancor oggi nelle loro masserie con orgoglio giustificato e contemplano una contrada che è la più bella <strong>del</strong>le<br />

Patrie…" (da Die Zukunft der ostdeutschen Landschaft, nella rivista "Die Strasse", 1939).<br />

6 aprile 2013

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