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Perdita del centro - Università Gabriele d'Annunzio

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Seldmayr PERDITA DEL CENTRO 117<br />

Da questa angolatura i momenti culminanti <strong>del</strong>l'arte dei secoli diciannovesimo e<br />

ventesimo si trovano sempre là dove, in mezzo a queste nuove e inaudite minacce<br />

<strong>del</strong>l'uomo e <strong>del</strong> suo mondo, l'idea <strong>del</strong>l'uomo nell'arte è tenuta ferma nella maniera più<br />

perfetta; ciò significa che essa è rinnovata. L'arte dei secoli diciannovesimo e ventesimo<br />

è grande e forte quando può tenere ancora in tensione la nuova terra scoperta<br />

<strong>del</strong>l'extraumano ("The waste land", di T.S. Eliot), per giungere poi alla integra idea<br />

<strong>del</strong>l'uomo. E questo può avvenire in vari modi. I grandi geni <strong>del</strong> tempo sono quegli artisti<br />

che non hanno evitato il nuovo, e neppure tentato di sottrarsi al pericolo, o di salvarsi<br />

nei "rifugi", o di mascherare con vuote forme umane questo inevitabile carattere<br />

extraumano che si apriva loro davanti, ma che in mezzo a queste disperate situazioni e<br />

a queste tentazioni ingannevoli - spesso soffrendo profondamente e giungendo alle<br />

soglie <strong>del</strong>la disperazione - hanno trasportato oltre l'abisso l'immagine <strong>del</strong>l'uomo. Un<br />

grande esempio è per noi Daumier, un altro Van Gogh. Tuttavia sarebbe ingiusto trascurare,<br />

oltre questi grandi, gli altri nei quali la conservazione <strong>del</strong>l'elemento umano<br />

non è così manifesta: non è una fiamma, ma è solo una scintilla.<br />

L'arte dei secoli diciannovesimo e ventesimo va verso la rovina e proprio quando essa<br />

si muove in quei campi marginali soltanto per avere nuovi stimoli, o per il desiderio<br />

di trovare in essi ciò che è "interessante".<br />

L' "interessante" appare continuamente come uno dei fondamentali pericoli <strong>del</strong>l'epoca.<br />

Tale situazione è chiara nel contrasto fra Caspar David Friedrich e Turner, appartenenti<br />

ambedue alla medesima generazione. In ambedue si nota, infatti, l'impulso verso<br />

gli elementi, verso la terra, l'aria, il mare nelle loro norme universali. Ma nelle opere <strong>del</strong><br />

Friedrich questo impulso è legato a una profonda idea <strong>del</strong>l'uomo, che si sente pieno di<br />

timore di fronte a questi elementi. Perciò l'arte di Friedrich è di un grado umanamente<br />

superiore, nonostante certe sue durezze tecniche. Ma nell'arte di Turner, molto più virtuoso<br />

quanto a tecnica, manca questo indispensabile equilibrio: essa cade spesso<br />

nell'"interessante", nel vuoto interiore ed esteriore, nella "pirotecnica" <strong>del</strong>l'artifizio teatrale.<br />

Questo affermarsi <strong>del</strong> nucleo umano nella sua nuova e pericolosa ampiezza è la vera<br />

e propria unità di misura per la nuova arte in genere, per le singole arti in specie, per<br />

gli artisti e per ognuna <strong>del</strong>le loro opere.<br />

Ancora un esempio: la natura morta di Kokoschka con il montone. Ciò che si critica<br />

in questo quadro non è il soggetto ripugnante: accanto alla orribile carogna, il topo<br />

bianco, l'anguilla <strong>del</strong>le grotte sotterranee e la spirituale parvenza di un giacinto. Il tutto<br />

non è antiestetico, al contrario. Il quadro è di rara coerenza e corposità dal punto di vista<br />

puramente estetico; v'è una profonda armonia interiore degli oggetti con le forme e<br />

i colori; è una orribile "sinfonia <strong>del</strong>la putrefazione". Questa caratteristica non coinvolge<br />

affatto tutta la produzione di Kokoschka. Si obietta invece che l'opera d'arte ha perduto<br />

ogni legame con ciò che è umano e cerca soltanto l'iridescente. Chi s'immerge nella<br />

contemplazione <strong>del</strong> quadro è trasportato nel regno <strong>del</strong> morboso, e ciò è tanto più pericoloso<br />

in quanto il quadro dimostra magistralmente l'elemento seduttore di questo<br />

regno, l'incantesimo <strong>del</strong> "profumo di morte". "Il bue squartato" di Rembrandt è in confronto<br />

un quadro religioso. Se si volesse ancora discutere su questo argomento, ecco<br />

altri inconfutabili esempi: il carattere inumano e diabolico è reso spesso nelle opere di<br />

Ensor con la mescolanza <strong>del</strong> gusto formale più raffinato ai temi più macabri e sinistri.<br />

Inumana e "immorale è l'adorazione <strong>del</strong>la carne in molti dei disegni <strong>del</strong>lo Schiele; tremendo<br />

e completamente degenerato è il freddo cinismo <strong>del</strong>le litografie <strong>del</strong> Grosz, le<br />

quali non rappresentano soltanto la condanna inesorabile di un'epoca di decadenza e<br />

<strong>del</strong>la sua vita menzognera, ma rivelano anche la gioia perversa per la putredine ed emanano<br />

la scintilla di occhi cattivi che spinge senza misericordia al suicidio". 209 E come<br />

già sapeva Stifter esistono anche quadri di paesaggi dai quali traspaiono il vizio, la<br />

morte, il nichilismo. E quanto più gli artisti sono capaci, tanto più questi fenomeni<br />

<strong>del</strong>l'arte sono pericolosi.<br />

"Oggi esiste una grande capacità. Quasi in ogni campo si notano creazioni virtuosistiche.<br />

Nascono opere giudicate eccellenti, anche straordinarie. Ma non di rado sembra<br />

209 O. MAUER, Kunst und Christentum, Vienna 1946.<br />

6 aprile 2013

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