Perdita del centro - Università Gabriele d'Annunzio
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Seldmayr PERDITA DEL CENTRO 63<br />
essere riassunte nel nome scelto per sé da una di queste tendenze, cioè onirismo, vale<br />
a dire arte <strong>del</strong> sogno. La psicanalisi tenterà poi di scriverne l'iconografia.<br />
Ma il tema complessivo di questi sogni, la loro sfera, è il mondo <strong>del</strong>l'orribile, dei<br />
demoni, degli inferi: "incubo "e "succubo".<br />
L'inferno era un tempo una zona limitata <strong>del</strong>l'aldilà. Nelle immagini <strong>del</strong>l'inferno fu<br />
relegato, e per così dire oggettivato, tutto ciò che nell'uomo poteva prendere l'aspetto<br />
di tali tormentosi fantasmi. L'ingresso <strong>del</strong>l'elemento infernale nel mondo, rappresentato<br />
specialmente nei quadri che raffigurano le tentazioni dei santi e quegli esseri disumanizzati<br />
i quali scherniscono e tormentano l'Uomo-Dio, fu un avvenimento per il<br />
mondo esterno, quasi una temporanea incarnazione <strong>del</strong>l'inferno nel mondo e in quegli<br />
uomini che sono tentati o posseduti da esso.<br />
Qui, però, questo mondo <strong>del</strong>l'orrido è divenuto immanente, connaturato al mondo;<br />
si è insidiato nell'uomo stesso. Nasce così una nuova interpretazione <strong>del</strong>l'uomo in genere.<br />
L'uomo si demonizza, e non solo esteriormente. Egli stesso e il suo mondo vengono<br />
lasciati in balìa di forze demoniache. L'elemento infernale è preponderante, le<br />
forze contrarie stanno su di una difensiva impotente e disperata.<br />
Nelle visioni dei "sogni" e dei "proverbi" compaiono tutte le deviazioni <strong>del</strong>l'elemento<br />
umano e gli attentati all'uomo e alla sua dignità; demoni in forme umane e, accanto ad<br />
essi, demoni allucinati di ogni specie: mostri, spettri, streghe, giganti, animali, lemuri,<br />
vampiri. Crono divora i propri figli (fig. 37). Come personificazione di un incubo, il nudo<br />
gigante se ne sta accoccolato sull'orlo <strong>del</strong> mondo oppresso. Questo pandemonio di<br />
spiriti immondi possiede al tempo stesso una vitalità strana e rabbiosa. Non è una fantasia<br />
<strong>del</strong>l'artista, ma una realtà sperimentata e cruenta.<br />
Ciò che nel regno dei "sogni" e <strong>del</strong>le "follie" compare per così dire allo stato puro,<br />
determina in varie gradazioni tutta l'ulteriore produzione di Goya, come pure la scelta<br />
dei temi e la loro interpretazione. Non soltanto con le sue celebri descrizioni <strong>del</strong>la<br />
guerra nelle quali si manifesta profeticamente una nuova concezione <strong>del</strong>la guerra -<br />
cioè la furia insensata dei demoni raffigurati in forme umane - "egli mostra brutalmente<br />
l'uomo non più come l'immagine di Dio, ma disumanizzato, e quando esso è morto<br />
lo rappresenta come un cadavere che si getta via". 121 Anche nella "tauromachia", che<br />
non è comunque una glorificazione <strong>del</strong> gioco nazionale spagnolo, si nota la rappresentazione<br />
<strong>del</strong>la cru<strong>del</strong>e illusione <strong>del</strong>le masse e <strong>del</strong> passaggio di esse allo stato bestiale;<br />
qui compare per la prima volta nell'arte europea la massa umana amorfa. Nello<br />
stesso senso vengono interpretate la processione e l'inquisizione. Il manicomio diviene<br />
un tema per quadri. Nei ritratti di Goya si è spesso notato l'elemento demoniaco. Bau<strong>del</strong>aire<br />
osserva, a questo proposito, che "per un inspiegabile procedimento usato<br />
dall'artista, i volti sono una via di mezzo fra l'uomo e l'animale". E perfino dove, in apparenza,<br />
il carattere dignitoso esiste ancora, esso fiammeggia demoniaco - come nel<br />
ritratto di Wellington - attraverso le fessure <strong>del</strong>la maschera. Più di una volta anche il<br />
paesaggio diviene orrido. Come nessun altro artista aveva ancora fatto, Goya considera<br />
il miracolo <strong>del</strong> pallone aerostatico dal punto di vista <strong>del</strong>la sua demonìa.<br />
Da questo contenuto iconografico dipendono i singolari mezzi creativi di questo artista,<br />
i quali sono non meno nuovi <strong>del</strong> contenuto stesso. Con ragione Hetzer ha constatato<br />
che "in Goya il carattere pittorico - naturalmente assai diverso da quello <strong>del</strong><br />
barocco - supera quello plastico, e d'ora in avanti sorge una frattura che si inasprisce<br />
al punto da giungere all'impressionismo". Un foglio come quello <strong>del</strong>la "casa con gli alberi"<br />
mostra fino a che punto possa giungere, in questa fase, l'eliminazione <strong>del</strong>l'elemento<br />
plastico. Spesso lo sfondo diviene così piatto e inanimato da far dubitare se<br />
quella che si vede sia una semplice quinta, simile a quelle che più tardi faranno la loro<br />
comparsa negli ateliers dei fotografi. L'uso che Goya fa per primo <strong>del</strong> procedimento<br />
<strong>del</strong>la stampa piatta, di recente invenzione, cioè <strong>del</strong>la litografia, con le sue possibilità di<br />
applicazione un po' rozze, è altrettanto sintomatico <strong>del</strong>l'uso ch'egli fa <strong>del</strong>la matita rossa.<br />
Nella sua seconda serie si nota chiaramente che i suoi "disegni" sono, in sostanza,<br />
<strong>del</strong>le pitture monocrome. Essi sono acquerellati in rosso fuoco - ciò che è, in se stesso,<br />
121 TH. HETZER, Über das Plastische in der Malerei, nel volume in onore di Wilhelm Pinder, 1938.<br />
6 aprile 2013