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Perdita del centro - Università Gabriele d'Annunzio

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Seldmayr PERDITA DEL CENTRO 23<br />

Ciò non ostante, l'architettura fa soltanto da ricca cornice all'idea <strong>del</strong>la Gesamtkunstwerk,<br />

che si realizza in forma elementare nelle opere e nelle visioni di Wagner. Comunque<br />

lo si consideri (la posizione nei suoi riguardi è stata sempre una posizione<br />

passionale), Richard Wagner deve essere inteso come il genio <strong>del</strong>la metà <strong>del</strong> secolo:<br />

non un architetto e neppure uno scultore o un pittore, ma una figura sintetica e ibrida:<br />

il poeta <strong>del</strong> suono. In lui tutti gli elementi, anche quelli che determinano la "nuova architettura",<br />

si aprono il varco con impeto insolito e incomparabilmente più violento:<br />

all'elemento teatrale e a quello drammatico si aggiunge la tendenza alla sintesi di tutte<br />

le arti e alla sinestesia di tutte le sfere sensibili <strong>del</strong>l'arte che trovano nell'arte stessa la<br />

loro espressione: la tendenza alla passione, al movimento, al colore; in sostanza al<br />

dionisiaco. Le sue prime opere sono di poco posteriori al teatro di Semper: il "Rienzi" è<br />

<strong>del</strong> 1842, "Il vascello fantasma" <strong>del</strong> 1843, il "Tannhäuser"<strong>del</strong> 1845. Nel "Rienzi" anche il<br />

soggetto è tolto dal rinascimento.<br />

Con quel caratteristico senso di consapevolezza <strong>del</strong> proprio operato che accompagna<br />

le creazioni - anche le più elementari - <strong>del</strong>l'epoca (Delacroix e Semper sono stati<br />

anch'essi dei teorici <strong>del</strong>la loro arte), Richard Wagner ha <strong>del</strong>ineato nei suoi scritti - e<br />

specialmente in quello uscito nel 1850, dal titolo "Opera d'arte <strong>del</strong>l'avvenire" - gli ideali<br />

sacri <strong>del</strong> teatro. L'idea <strong>del</strong>l'opera d'arte unitaria è descritta qui con grandissimo slancio.<br />

La forza creatrice <strong>del</strong>l'arte futura non è l'architettura bensì il dramma.<br />

"La mèta più alta <strong>del</strong>l'uomo è l'arte". "L'uomo, teso verso l'arte, può appagare completamente<br />

se stesso fondendo tutte le specie di arte in un'unica opera d'arte unitaria..".<br />

"Il dramma è la massima opera d'arte unitaria. Esso può raggiungere il più alto<br />

grado di perfezione soltanto se ogni specie d'arte vi è presente nella sua forma più<br />

perfetta". Il dramma prende perciò al suo servizio le due grandi triadi, architetturascultura-pittura<br />

e danza-musica-poesia, assegnando loro un compito preciso. 43<br />

"L'architettura non può avere aspirazione maggiore di quella di creare per una collettività<br />

di uomini - i quali mediante se stessi rappresentano, si direbbe, artisticamente<br />

se stessi - l'ambiente adatto perché l'opera d'arte umana possa manifestarsi. In un<br />

comune edificio utilitario l'architetto si deve adeguare soltanto allo scopo più basso,<br />

cioè a quello materiale. In un edificio di lusso invece [quest'alternativa è una caratteristica<br />

<strong>del</strong> secolo diciannovesimo] esso obbedisce ad una esigenza non necessaria e non<br />

naturale..". Solo nella costruzione di un teatro "l'architetto deve procedere unicamente<br />

come un artista e tenere sempre presente l'opera d'arte... Questa esigenza è doppia:<br />

quella <strong>del</strong> dare e quella <strong>del</strong> ricevere". Egli costruisce l'ambiente di colui che deve ricevere<br />

e, come d'incanto, l'ambiente scenico dà allo spettatore l'impressione "di un mondo".<br />

Ne consegue che il massimo compito per il paesaggista è quello dì completare<br />

l'architettura plastica <strong>del</strong>la scena "fino ad ottenere un'assoluta verità artistica, e di adornarla<br />

con i freschi colori <strong>del</strong>la natura e con la calda luce <strong>del</strong>l'etere". "Per un pittore<br />

quest'attività è di gran lunga più dignitosa di quella che fino allora lo aveva costretto a<br />

lavorare nel limitato spazio di un semplice quadro, di quel quadro che egli appendeva<br />

poi ad una squallida e solitaria parete nella casa dì un individuo egoista o che sacrificava<br />

in un magazzino chiuso, incoerente, snaturatore". In questa frase appare chiaro<br />

che la pittura "pura" <strong>del</strong> secolo diciannovesimo non possedeva una patria. Il pittore<br />

"colmerà ora l'ampia cornice <strong>del</strong>la tragica scena e, dando forma a tutto lo spazio racchiuso<br />

in essa, testimonierà la propria forza nel creare la natura. Tutto ciò che, servendosi<br />

unicamente <strong>del</strong> pennello e di raffinate mescolanze di colori, riusciva soltanto ad<br />

accennare o ad avvicinare all'illusione, egli saprà d'ora in poi portare all'illusione perfetta,<br />

usando con arte i mezzi di cui dispone, cioè l'ottica e il sapiente gioco <strong>del</strong>le luci".<br />

"Egli non si pentirà davvero di aver rinunciato a dipingere sul suo liscio pezzo di tela<br />

per dedicarsi a quest'arte che gli mette a disposizione un'intera scena".<br />

Sulla scena che, insieme con il pittore, l'architetto-scultore ha composto, "compare<br />

ora l'uomo foggiato artisticamente, così come l'uomo naturale compare sulla scena<br />

<strong>del</strong>la natura. Quello che scultori e pittori si sforzavano dì riprodurre sulla pietra o sulla<br />

tela, questi uomini lo riproducono su loro stessi, sulla loro figura, sulle membra <strong>del</strong> loro<br />

corpo, sui tratti <strong>del</strong> loro volto, tesi verso una vita artisticamente cosciente". "Nel<br />

43 R. WAGNER, Das Kunstwerk der Zukunft, 1850.<br />

6 aprile 2013

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