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Le Vite - Fondazione Memofonte

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Rovano franzese, disiderio di lasciar per mezzo di sì raro artefice qualche degna memoria di sé in<br />

così famosa città; e gli fe’ fare una Pietà di marmo, tutta tonda, la quale finita fu messa in San Pietro<br />

nella cappella della Vergine Maria della Febbre nel tempio di Marte. Alla quale opera non pensi<br />

mai scultore né artefice raro potere aggiugnere di disegno né di grazia, né con fatica poter mai di<br />

finitezza, pulitezza e di straforare il marmo tanto con arte quanto Michelagnolo vi fece, perché si<br />

scorge in quella tutto il valore et il potere dell’arte. Fra le cose belle [che] vi sono, oltra i panni<br />

divini suoi, si scorge il morto Cristo: e non si pensi alcuno di bellezza di membra e d’artificio di<br />

corpo vedere uno ignudo tanto ben ricerco di muscoli, vene, nerbi sopra l’ossatura di quel corpo, né<br />

ancora un morto più simile al morto di quello. Quivi è dolcissima aria di testa, et una concordanza<br />

nelle appiccature e congiunture delle braccia e in quelle del corpo e delle gambe, i polsi e le vene<br />

lavorate, che in vero si maraviglia lo stupore che mano d’artefice abbia potuto sì divinamente e<br />

propriamente fare in pochissimo tempo cosa sì mirabile: che certo è un miracolo che un sasso, da<br />

principio senza forma nessuna, si sia mai ridotto a quella perfezzione che la natura aùffatica suol<br />

formar nella carne. Poté l’amor di Michelagnolo e la fatica insieme in questa opera tanto, che quivi<br />

(quello che in altra opera più non fece) lasciò il suo nome scritto attraverso in una cintola che il<br />

petto della Nostra Donna soccigne: nascendo che un giorno Michelagnolo, entrando drento dove l’è<br />

posta, vi trovò gran numero di forestieri lombardi che la lodavano molto, un de’ quali domandò a un<br />

di quegli chi l’aveva fatta; rispose: “Il Gobbo nostro da Milano”. Michelagnolo stette cheto e quasi<br />

gli parve strano che le sue fatiche fussino attribuite a un altro; una notte vi si serrò drento e con un<br />

lumicino, avendo portato gli scarpegli, vi intagliò il suo nome; et è veramente tale che, come a vera<br />

figura e viva, disse un bellissimo spirito:<br />

Bellezza et onestate,<br />

E doglia e pièta in vivo marmo morte,<br />

Deh, come voi pur fate,<br />

Non piangete sì forte<br />

Che anzi tempo risveglisi da morte,<br />

E pur, mal grado suo,<br />

Nostro Signore e tuo,<br />

Sposo, figliuolo e padre,<br />

Unica sposa sua, figliuola e madre.<br />

Laonde egli n’acquistò grandissima fama. E se bene alcuni, anzi goffi che no, dicono che egli abbia<br />

fatto la Nostra Donna troppo giovane, non s’accorgono e non sanno eglino che le persone vergini,<br />

senza essere contaminate, si mantengano e conservano l’aria del viso loro gran tempo senza alcuna<br />

macchia, e che gli afflitti, come fu Cristo, fanno il contrario? Onde tal cosa accrebbe assai più gloria<br />

e fama alla virtù sua che tutte l’altre dinanzi. [II. 723]<br />

Gli fu scritto di Fiorenza d’alcuni amici suoi che venisse, perché non era fuor di proposito che di<br />

quel marmo, che era nell’Opera guasto, [egli, come già n’ebbe volontà, ne cavasse una figura;] il<br />

quale Pier Soderini, fatto gonfaloniere a vita allora di quella città, aveva avuto ragionamento molte<br />

volte di farlo condurre a Lionardo da Vinci et era allora in pratica di darlo a maestro Andrea<br />

Contucci dal Monte San Savino, eccellente scultore, che cercava di averlo; e Michelagnolo,<br />

quantunque fussi dificile a cavarne una figura intera senza pezzi - al che fare non bastava a<br />

quegl’altri l’animo di non finirlo senza pezzi, salvo che aùllui, e ne aveva avuto desiderio molti anni<br />

innanzi -, venuto in Fiorenza tentò di averlo. Era questo marmo di braccia nove, nel quale per mala<br />

sorte un maestro Simone da Fiesole aveva cominciato un Gigante, e sì mal concia era quella opera -<br />

che lo aveva bucato fra le gambe e tutto mal condotto e storpiato -, di modo che gli Operai di Santa<br />

Maria del Fiore, che sopra tal cosa erano, senza curar di finirlo, l’avevano posto in abandono: e già<br />

molti anni era così stato et era tuttavia per istare. Squadrollo Michelagnolo di nuovo, et esaminando<br />

potersi una ragionevole figura di quel sasso cavare, et accomodandosi con l’attitudine al sasso<br />

ch’era rimasto storpiato da maestro Simone, si risolse di chiederlo agli Operai et al Soderini, dai

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