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Le Vite - Fondazione Memofonte

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La quale fornita, e ciascuna delle prescritte sue ancelle a’ primi luoghi ritornate, continuamente<br />

sopra i circustanti ascoltatori diverse e vaghe e gentili e fiorite ghirlande gettando, si vide il carro e<br />

la nugola, quasi che il suo desiderio la bella guidatrice compiuto avesse, a poco a poco muoversi e<br />

verso il cielo ritornare; ove arrivata, et egli in un momento chiusosi, senza rimaner pur vestigio<br />

onde sospicar si potesse da che parte la nugola e tante altre cose uscite et entrate si fussero, parve<br />

che ciascuno per una certa nuova e graziosa meraviglia tutto attonito rimanesse. Ma l’ubbidiente<br />

Amore, mentre che questo si faceva, accennando quasi alla madre che il suo comandamento<br />

adempiuto sarebbe, et attraversando la scena, seguitò con i compagni suoi, che l’armi<br />

gl’amministravano e che anch’essi cantando tenor gli facevano, la seguente et ultima stanza,<br />

dicendo:<br />

Ecco, madre, andiàn noi; chi l’arco dammi?<br />

Chi le saette, ond’io<br />

Con l’alto valor mio<br />

Tutti i cor vinca, leghi, apra ed infiammi?<br />

[II. 937] Tirando anch’egli pur sempre, mentre che questo cantava, nell’ascoltante popolo molte e<br />

diverse saette, con le quali diede materia di credere che gl’amanti che a recitare incominciarono, da<br />

esse quasi mossi, partorissero la seguente Commedia.<br />

INTERMEDIO SECONDO<br />

Finito il primo atto, et essendo Amore, mentre di prendere la bella Psiche si credea, da’ suoi<br />

medesimi lacci per l’infinita di lei bellezza rimasto colto, rappresentar volendo quelle invisibili<br />

voci, che, come nella favola si legge, erano state da lui per servirla destinate, si vide da una delle<br />

quattro strade, che per uso de’ recitanti s’erano nella scena lasciate, uscire prima un piccolo<br />

Copidino, che in braccio sembrava di portare un vez[z]oso cigno, col quale (perciò che un ottimo<br />

violone nascondeva), mentre con una verga di palustre sala che per archetto gli serviva, di<br />

sollaz[z]arsi sembrava, veniva dolcissimamente sonando. Ma dopo lui per le quattro descritte strade<br />

della scena si vide similmente, in un istesso tempo, per l’una venire l’amoroso Zefiro, tutto lieto e<br />

ridente, e che l’ali e la veste et i calzaretti aveva di diversi fiori contesti, e per l’altra la Musica,<br />

conosciuta dalla mano musicale che in testa portava e dalla ricca veste piena di diversi suoi<br />

instrumenti e di diverse cartiglie, ove erano tutte le note e tutti i tempi di essa segnati, ma molto più<br />

perciò che con soavissima armonia si vedeva similmente sonare un bello e gran lirone; sì come<br />

dall’altre due, sotto forma di due piccoli Cupidetti, si videro il Gioco e ‘l Riso in simil guisa,<br />

ridendo e scherzando, apparire. Dopo i quali, mentre a’ destinati luoghi avviandosi andavano, si<br />

videro per le medesime strade, nella medesima guisa e nel medesimo tempo, quattro altri Cupidi<br />

uscire, e con quattro ornatissimi leuti andare anch’essi graziosamente sonando; e dopo loro altri<br />

quattro Cupidetti simili, due de’ quali, con i pomi in mano, sembravano di insieme sollazzarsi; e<br />

due, che con gl’archi e con gli strali, con una certa strana amorevolez[z]a, pareva che i petti saettar<br />

si volessero. Questi tutti, in grazioso giro arrecatisi, parve che cantando con molto armonioso<br />

concento il seguente madrigale, e coi leuti e con molt’altri instrumenti, dentro alla scena nascosti, le<br />

voci accompagnando, facessero tutto questo concetto assai manifesto, dicendo:<br />

Oh, altero miracolo novello<br />

Visto l’abbiàn: ma chi fia che cel creda<br />

Ch’Amor, d’amor ribello,<br />

Di se stesso e di Psiche oggi sia preda?

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