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Le Vite - Fondazione Memofonte

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archi che reggono la tribuna del nuovo San Piero. Avevano a essere messe a questa sepoltura, la<br />

quale secondo un suo disegno doveva essere isolata, quattro figure che egli fece di marmo con belle<br />

invenzioni, secondo che gli fu ordinato da messer Annibale Caro, che ebbe di ciò cura dal Papa e<br />

dal cardinal Farnese. Una fu la Giustizia, che è una figura nuda sopra un panno a giacere, con la<br />

cintura della spada attraverso al petto, e la spada ascosa; in una mano ha i fasci della Iustizia<br />

consolare e nell’altra una fiamma di fuoco: è giovane nel viso, ha i capegli avvolti, il naso aquilino<br />

e d’aspetto sensitivo. La seconda fu la Prudenza, in forma di matrona, d’aspetto giovane, con uno<br />

specchio in mano, un libro chiuso, e parte ignuda e parte vestita. La terza fu l’Abbondanza, una<br />

donna giovane, coronata di spighe, con un corno di dovizia in mano e lo staio antico nell’altra, et in<br />

modo vestita che mostra l’ignudo sotto i panni. L’ultima e quarta fu la Pace, la quale è una matrona<br />

con un putto, che ha cavato gl’occhi, e col caduceo di Mercurio. Fecevi similmente una storia pur di<br />

metallo, e con ordine del detto Caro, che aveva a essere messa in opera con due Fiumi, l’uno fatto<br />

per un lago e l’altro per un fiume che è nello Stato de’ Farnesi; et oltre a tutte queste cose vi andava<br />

un monte pieno di gigli con l’arco vergine. Ma il tutto non fu poi messo in opera per le cagioni che<br />

si son dette nella Vita di Michelagnolo. E si può credere che, come queste parti in sé son belle e<br />

fatte con molto giudizio, così sarebbe riuscito il tutto insieme: tuttavia l’aria della piazza è quella<br />

che dà il vero lume e fa far retto giudizio dell’opere. Il medesimo fra’ Guglielmo ha condotto, nello<br />

spazio di molti anni, quattordici storie, per farle di bronzo, della vita di Cristo: ciascuna delle quali è<br />

larga palmi quattro et alta sei, eccetto però una, che è palmi dodici alta e larga sei, dove è la Natività<br />

di Gesù Cristo con bellissime fantasie di figure. Nell’altre tredici sono: l’andata di Maria con Cristo<br />

putto in Ierusalem in su l’asino, con due figure di gran rilievo e molte di mezzo e basso; la Cena,<br />

con tredici figure ben composte et un casamento ricchissimo; il lavare i piedi ai Discepoli; l’orare<br />

nell’orto, con cinque figure et una turba da basso molto varia; quando è menato ad Anna, con sei<br />

figure grandi, e molte di basso et un lontano; lo essere battuto alla colonna; quando è coronato di<br />

spine; l’ Ecce Homo; Pilato che si lava le mani; Cristo che porta la croce, con XV figure et altre<br />

lontane, che vanno al monte Calvario; Cristo crucifisso, con 18 figure; e quando è levato di croce.<br />

<strong>Le</strong> quali tutte istorie, se fussono gettate, sarebbono una rarissima opera, veggendosi che è fatta con<br />

molto studio e fatica. Aveva disegnato papa Pio Quarto farle condurre per una delle porte di San<br />

Piero, ma non ebbe tempo, sopravenuto dalla [II. 845] morte. Ultimamente ha condotto fra’<br />

Guglielmo modelli di cera per tre alt[a]ri di San Piero: Cristo deposto di croce, il ricevere Pietro le<br />

chiavi della Chiesa, e la venuta dello Spirito Santo, che tutte sarebbono belle storie. Insomma ha<br />

costui avuto et ha occasione grandissima di affaticarsi e fare dell’opere, avengaché l’uffizio del<br />

Piombo è di tanto gran rendita, che si può studiare et affaticarsi per la gloria: il che non può fare chi<br />

non ha tante comodità. E nondimeno non ha condotto fra’ Guglielmo opere finite dal 1547 infino a<br />

questo anno 1567: ma è proprietà di chi ha quell’uffizio impigrire e diventare infingardo. E che ciò<br />

sia vero, costui, innanzi che fusse frate del Piombo, condusse molte teste di marmo et altri lavori,<br />

oltre quelli che abbiàn detto. È ben vero che ha fatto quattro gran Profeti di stucco, che sono nelle<br />

nicchie fra i pilastri del primo arco grande di San Piero. Si adoperò anco assai ne’ carri della festa di<br />

Testaccio et altre mascherate, che già molti anni sono si fecero in Roma. È stato creato di costui un<br />

Guglielmo Tedesco, che fra l’altre opere ha fatto un molto bello e ricco ornamento di statue<br />

piccoline di bronzo, imitate dall’antiche migliori, a uno studio di legname (così gli chiamano) che il<br />

conte di Pitigliano donò al signor duca Cosimo; le quali figurette son queste: il cavallo di<br />

Campidoglio, quelli di Monte Cavallo, gl’Ercoli di Farnese, l’Antinoo et Apollo di Belvedere, e le<br />

teste de’ dodici Imperatori, con altre, tutte ben fatte e simili alle proprie.<br />

Ha auto ancora Milano un altro scultore che è morto questo anno, chiamato Tommaso Porta, il<br />

quale ha lavorato di marmo eccellentemente, e particolarmente ha contrafatto teste antiche di<br />

marmo, che sono state vendute per antiche; e le maschere l’ha fatte tanto bene che nessuno l’ha<br />

paragonato, et io ne ho una di sua mano di marmo, posta nel camino di casa mia d’Arezzo, che<br />

ognuno la crede antica. Costui fece di marmo, quanto in naturale, le dodici teste degli Imperatori,<br />

che furono cosa rarissima; le quali papa Giulio Terzo le tolse, e gli fece dono della segnatura d’uno<br />

uffizio di scudi cento l’anno, e tenne non so che mesi le teste in camera sua come cosa rara. <strong>Le</strong> quali

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