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Le Vite - Fondazione Memofonte

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CARRO DECIMO DI MINERVA<br />

Ma Minerva con l’aste et armata e con lo scudo del Gorgone, come figurar si suole, ebbe il decimo<br />

carro di triangolar forma e di color di bronzo composto, da due grandissime e bizarrissime civette<br />

tirato, delle quali da tacer non mi pare, che, quantunque di tutti gl’animali che questi carri tirarono<br />

si potesse contare meraviglie singolari et incredibili, queste nondimeno fra gl’altri furono sì<br />

propriamente e sì naturalmente figurate, faccendo loro muovere e piedi et ali e colli, e chiudere et<br />

aprire fino agl’occhi, tanto bene e con simiglianza sì al vero vicina, ch’io non so come possibil sia<br />

potere, a chi non le vide, persuaderlo già mai. E però il di lor ragionare lasciando, dirò che nelle tre<br />

facce di che il triangolar carro era composto, si vedeva nell’una dipinto il mirabil nascimento di<br />

questa Dea del capo di Giove, sì come nella seconda si vedeva da lei adornarsi con quelle tante cose<br />

Pandora, e come nella terza similmente si vedeva convertire in serpenti i capelli della misera<br />

Medusa; dipignendo da una parte della base poi la contesa che con Nettunno ebbe sopra il nome che<br />

ad Atene (innanzi che tale l’avesse) por si doveva: ove, producendo egli il feroce cavallo et ella il<br />

fruttifero olivo, si vedeva ottenerne memorabile e gloriosa vittoria; [II. 966] e nell’altra si vedeva,<br />

trasformata in una vecchierella, sforzarsi di persuadere alla temeraria Aracne, prima che in tale<br />

animale convertita l’avesse, che volesse, senza mettersi in prova, concedergli la palma della<br />

scienzia del ricamare; sì come con diverso sembiante si vedeva nella terza et ultima valorosamente<br />

uccidere il superbo Tifone. Ma innanzi al carro poi con due grand’ali, e con onesto e puro e<br />

disciolto abito, sotto forma di giovane e viril donna si vedeva la Vertù camminare, dicevolmente in<br />

sua compagnia avendo, di palma inghirlandato e di porpora e d’oro risplendente, il venerabile<br />

Onore, con lo scudo e con un’aste in mano, e che due tempii di sostener sembrava, nell’uno dei<br />

quali, et in quello cioè al medesimo Onore dedicato, pareva che non si potesse se non per via<br />

dell’altro della Vertù trapassare; et acciò che nobile e dicevol compagnia a sì fatte maschere data<br />

fusse, parse che alla medesima fila la Vittoria, di lauro inghirlandata e con un ramo anch’ella di<br />

palma in mano, aggiugnere si dovesse.<br />

Seguivano queste la buona Fama, figurata in forma di giovane donna con due bianche ali, sonante<br />

una grandissima tromba, e seguiva con un bianco cagnuolo in collo la Fede, tutta candida anch’ella<br />

e con un lucido velo che le mani et il capo et il volto di coprirgli sembravano; e con loro la Salute,<br />

tenente nella destra una tazza che porgerla ad un serpente pareva che volesse, e nell’altra una sottile<br />

e diritta verga. Nemesi poi, figliuola della Notte, remuneratrice de’ buoni e gastigatrice de’ rei, in<br />

virginal sembianza, di piccoli cervi e di piccole Vittorie inghirlandata, con un’aste di frassino e con<br />

una taz[z]a simile in mano, si vedeva dopo costoro venire; con la quale la Pace, vergine anch’ella,<br />

ma di benigno aspetto, con un ramo d’oliva e con un cieco putto in collo, preso per lo Dio della<br />

ricchezza, pareva che accompagnato si fusse; e con loro, portando un vaso da bere in forma di<br />

giglio in mano, similmente si vedeva et in simil guisa venire la sempre verde Speranza, seguitata<br />

dalla Clemenza sur un gran leone a caval posta, con un’aste nell’una e con un fulmine nell’altra<br />

mano, il quale non di impetuosamente avventare, ma quasi di voler via gettarlo faceva sembiante.<br />

Ma l’Occasione, che poco dopo a sé la Penitenza aveva e che da lei essere continuamente percossa<br />

sembrava, e la Felicità sopra una sede adagiata e con un caduceo nell’una mano e con un corno di<br />

dovizia nell’altra, si vedevan similmente venire. E si vedevan seguitare dalla Dea Pellonia (che a<br />

tener lontani i nimici è preposta) tutta armata, con due gran corna in testa e con una vigilante gru in<br />

mano, che su l’un de’ piedi sospesa si vedeva (come è lor costume) tenere nell’altra un sasso;<br />

chiudendo con lei l’ultima parte della gloriosa torma la Scienza, figurata sotto forma d’un giovane<br />

che in mano un libro et in testa un dorato tripode, per denotar la fermez[z]a e stabilità sua, di portar<br />

sembrava.

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