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Le Vite - Fondazione Memofonte

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È stata conosciuta la virtù di Michelagnolo in vita e non, come aviene a molti, dopo la morte,<br />

essendosi visto che Giulio II, <strong>Le</strong>on X, Clemente VII, Paulo III e Giulio III e Paulo IIII e Pio IIII,<br />

sommi Pontefici, l’hanno sempre voluto appresso e, come si sa, Solimanno imperatore de’ Turchi,<br />

Francesco Valesio re di Francia, Carlo V imperatore e la Signoria di Vinezia, e finalmente il duca<br />

Cosimo de’ Medici, come s’è detto, e tutti con onorate provisioni, non per altro che per valersi della<br />

sua gran virtù; che ciò non accade se non a uomini di gran valore, come era egli, avendo conosciuto<br />

e veduto che queste arti tutt’e tre erano talmente perfette in lui, che non si trova né in persone<br />

antiche o moderne, in tanti e tanti anni che abbia girato il sole, che Dio l’abbi concesso a altri che a<br />

lui. Ha avuto l’immaginativa tale e sì perfetta, che le cose propostosi nella idea sono state tali che<br />

con le mani, per non potere esprimere sì grandi e terribili concetti, ha spesso abandonato l’opere<br />

sue, anzi ne à guasto molte, come io so che, innanzi che morissi di poco, abruciò gran numero di<br />

disegni, schizzi e cartoni fatti di man sua, acciò nessuno vedessi le fatiche durate da lui et i modi di<br />

tentare l’ingegno suo, per non apparire se non perfetto. Et io ne ho alcuni di sua mano trovati in<br />

Fiorenza, messi nel nostro Libro de’ disegni, dove, ancora che si vegga la grandezza di quello<br />

ingegno, si conosce che, quando e’ voleva cavar Minerva della testa di Giove, ci bisognava il<br />

martello di Vulcano; imperò egli usò le sue figure farle di 9 e di 10 e di 12 teste, non cercando altro<br />

che, col metterle tutte insieme, ci fussi una certa concordanza di grazia [II. 775] nel tutto che non lo<br />

fa il naturale, dicendo che bisognava avere le seste negli occhi e non in mano, perché le mani<br />

operano e l’occhio giudica: che tale modo tenne ancora nell’architettura. Né paia a nessuno che<br />

Michelagnolo si dilettassi della solitudine, come quello che era innamorato dell’arte sua, che vuol<br />

l’uomo per sé solo e cogitativo, e perché è necessario che, chi vuole attendere agli studii di quella,<br />

fugga le compagnie: avengaché chi attende alle considerazioni dell’arte non è mai solo né senza<br />

pensieri; e coloro che gliele attribuivano a fantasticheria et a stranezza, hanno il torto, perché, chi<br />

vuole operar bene, bisogna allontanarsi da tutte le cure e fastidi, perché la virtù vuol pensamento,<br />

solitudine e comodità e non errare con la mente. Con tutto ciò ha avuto caro l’amicizie di molte<br />

persone grandi e delle dotte e degli uomini ingegnosi, a’ tempi convenienti, e se l’è mantenute,<br />

come il grande Ipolito cardinale de’ Medici, che l’amò grandemente; et inteso che un suo cavallo<br />

turco che aveva, piaceva per la sua bellezza a Michelagnolo, fu dalla liberalità di quel signore<br />

mandato a donare con X muli carichi di biada et un servidore che lo governassi, che Michelagnolo<br />

volentieri lo accettò. Fu suo amicissimo lo illustrissimo cardinale Polo, innamorato Michelagnolo<br />

delle virtù e bontà di lui; il cardinale Farnese e Santa Croce, che fu poi papa Marcello; il cardinale<br />

Ridolfi e ‘l cardinale Maffeo e monsignor Bembo, Carpi e molti altri cardinali e vescovi e prelati<br />

che non accade nominargli; monsignor Claudio Tolomei, e ‘l magnifico messer Ottaviano de’<br />

Medici suo compare, che gli battezò un suo figliuolo, e messer Bindo Altoviti, al quale donò il<br />

cartone della Cappella dove Noè inebriato è schernito da un de’ figliuoli e ricoperto le vergogne<br />

dagli altri dua; messer Lorenzo Ridolfi e messer Anibal Caro e messer Giovan Francesco Lottini da<br />

Volterra; et infinitamente amò più di tutti messer Tommaso de’ Cavalieri, gentiluomo romano,<br />

quale essendo giovane e molto inclinato a queste virtù, perché egli imparassi a disegnare, gli fece<br />

molte carte stupendissime, disegnate di lapis nero e rosso, di teste divine, e poi gli disegnò un<br />

Ganimede rapito in cielo da l’uccel di Giove, un Tizio che l’avvoltoio gli mangia il cuore, la<br />

Cascata del carro del Sole con Fetonte nel Po, et una Baccanalia di putti, che tutti sono, ciascuno<br />

per sé, cosa rarissima e disegni non mai più visti. Ritrasse Michelagnolo messer Tommaso in un<br />

cartone grande, di naturale, che né prima né poi di nessuno fece il ritratto, perché aboriva il fare<br />

somigliare il vivo, se non era d’infinita bellezza. Queste carte sono state cagione che, dilettandosi<br />

messer Tommaso quanto e’ fa, che n’ha poi avute una buona partita che già Michelagnolo fece a<br />

fra’ Bastiano Viniziano, che le messe in opera, che sono miracolose; et invero egli le tiene<br />

meritamente per reliquie e n’ha accomodato gentilmente gli artefici. Et invero Michelagnolo<br />

collocò sempre l’amor suo a persone nobili, meritevoli e degne, ché nel vero ebbe giudizio e gusto<br />

in tutte le cose. Ha fatto poi fare messer Tommaso a Michelagnolo molti disegni per amici, come<br />

per il cardinale di Cesis la tavola dove è la Nostra Donna annunziata dall’Angelo, cosa nuova, che<br />

poi fu da Marcello Mantovano colorita e posta nella cappella di marmo che ha fatto fare quel

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