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Le Vite - Fondazione Memofonte

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una concordanza unita che dia terrore nelle furie e dolcezza negli effetti piacevoli, e rappresenti in<br />

un tratto la intenzione del pittore e non le cose che e’ non pensava. Conviene adunque per questo<br />

che e’ formi le figure che hanno ad esser fiere con movenzia e con gagliardia, e sfugga quelle che<br />

sono lontane da le prime con l’ombre e con i colori appoco appoco dolcemente oscuri; di maniera<br />

che l’arte sia accompagnata sempre con una grazia di facilità e di pulita leggiadria di colori, e<br />

condotta l’opera a perfezzione non con uno stento di passione crudele, che gl’uomini che ciò<br />

guardano abbino a patire pena della passione che in tal opera veggono sopportata dallo artefice, ma<br />

da ralegrarsi della felicità che la sua [I. 46] mano abbia avuto dal cielo quella agilità che renda le<br />

cose finite con istudio e fatica sì, ma non con istento, tanto che dove elle sono poste non siano<br />

morte, ma si appresentino vive e vere a chi le considera. Guardinsi da le crudezze e cerchino che le<br />

cose che di continuo fanno non paino dipinte, ma si dimostrino vive e di rilievo fuor della opera<br />

loro. E questo è il vero disegno fondato e la vera invenzione che si conosce esser data, da chi le ha<br />

fatte, alle pitture che si conoscono e giudicano come buone.<br />

Cap. XVI<br />

Degli schizzi, disegni, cartoni et ordine di prospettive; e per quel che si fanno et a quello che i<br />

pittori se ne servono.<br />

Gli schizzi, de’ quali si è favellato di sopra, chiamiamo noi una prima sorte di disegni che si fanno<br />

per trovare il modo delle attitudini et il primo componimento dell’opra; e sono fatti in forma di una<br />

ma[c]chia e accennati solamente da noi in una sola bozza del tutto. E perché dal furor dello artefice<br />

sono in poco tempo con penna o con altro disegnatoio o carbone espressi solo per tentare l’animo di<br />

quel che gli sovviene, perciò si chiamano schizzi. Da questi dunque vengono poi rilevati in buona<br />

forma i disegni, nel far de’ quali, con tutta quella diligenza che si può, si cerca vedere dal vivo, se<br />

già l’artefice non si sentisse gagliardo in modo che da sé li potesse condurre. Appresso, misuratili<br />

con le seste o a occhio, si ringrandiscono da le misure piccole nelle maggiori, secondo l’opera che si<br />

ha da fare. Questi si fanno con varie cose, cioè o con lapis rosso, che è una pietra la qual viene da’<br />

monti di Alamagna, che per esser tenera agevolmente si sega e riduce in punte sottili da segnare con<br />

esse in sui fogli come tu vuoi, o con la pietra nera, che viene de’ monti di Francia, la qual è<br />

similmente come la rossa; altri, di chiaro e scuro, si conducono su fogli tinti, che fanno un mez[z]o,<br />

e la penna fa il lineamento cioè il dintorno o profilo, e l’inchiostro poi con un poco d’acqua fa una<br />

tinta dolce che lo vela et ombra; dipoi, con un pennello sottile intinto nella biacca stemperata con la<br />

gomma si lumeggia il disegno; e questo modo è molto alla pittoresca e mostra più l’ordine del<br />

colorito. Molti altri fanno con la penna sola, lasciando i lumi della carta, che è difficile, ma molto<br />

maestrevole; et infiniti altri modi ancora si costumano nel disegnare, de’ quali non accade fare<br />

menzione perché tutti rappresentano una cosa medesima, cioè il disegnare. Fatti così i dissegni, chi<br />

vuole lavorar in fresco, cioè in muro, è necessario che faccia i cartoni, ancora ch’e’ si costumi per<br />

molti di fargli per lavorar anco in tavola. Questi cartoni si fanno così: impastansi i fogli con colla di<br />

farina e acqua cotta al fuoco - fogli, dico, che siano squadrati -, e si tirano al muro con l’incollarli a<br />

torno duo dita verso il muro con la medesima pasta, e si bagnano spruzzandovi dentro per tutto<br />

acqua fresca, e così molli si tirano acciò nel seccarsi vengano a distendere il molle delle grinze.<br />

Dapoi, quando sono secchi, si vanno con una canna lunga che abbia in cima un carbone riportando<br />

sul cartone, per giudicar da discosto tutto quello che nel disegno piccolo è disegnato con pari<br />

grandezza; e così a poco a poco quando a una figura e quando a l’altra dànno fine. Qui fanno i<br />

pittori tutte le fatiche dell’arte del ritrarre dal vivo ignudi e panni di naturale, e tirano le prospettive<br />

con tutti quelli ordini che piccoli si sono fatti in su’ [I. 47] fogli, ringrandendoli a proporzione. E se<br />

in quegli fussero prospettive o casamenti, si ringrandiscono con la rete, la qual è una graticola di<br />

quadri piccoli ringrandita nel cartone che riporta giustamente ogni cosa. Per che, chi ha tirate le<br />

prospettive ne’ disegni piccoli, cavate di su la pianta, alzate col profilo e con la intersecazione e col<br />

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