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Le Vite - Fondazione Memofonte

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Grato mi è il sonno, e più l’esser di sasso,<br />

Mentre che il danno e la vergogna dura.<br />

Non veder, non sentir, m’è gran ventura;<br />

Però non mi destar: deh, parla basso.<br />

E certo, se la inimicizia ch’è tra la fortuna e la virtù, e la bontà d’una e la invidia dell’altra, avesse<br />

lasciato condurre tal cosa a fine, poteva mostrare l’arte alla natura che ella di gran lunga in ogni<br />

pensiero l’avanzava.<br />

Lavorando egli con sollecitudine e con amore grandissimo tali opere, crebbe - che purtroppo li<br />

impedì il fine - lo assedio di Fiorenza, l’anno 1529, il quale fu cagione che poco o nulla egli più vi<br />

lavorasse, avendogli i cittadini dato la cura di fortificare, oltra al monte di San Miniato, la terra,<br />

come s’è detto. Conciosiaché, avendo egli prestato a quella repub[lica] mille scudi e trovandosi de’<br />

Nove della milizia, ufizio deputato sopra la guerra, volse tutto il pensiero e lo animo suo a dar<br />

perfezione a quelle fortificazioni; et avendola stretta finalmente l’esercito intorno, et a poco a poco<br />

mancata la speranza degli aiuti e cresciute le dificultà del mantenersi, e parendogli di trovarsi a<br />

strano partito, per sicurtà della persona sua si deliberò partire di Firenze et andarsene a Vinezia<br />

senza farsi conoscere per la strada a nessuno. Partì dunque segretamente per la via del monte di San<br />

Miniato, che nessuno il seppe, menandone seco Antonio Mini, suo creato, e ‘l Piloto orefice, amico<br />

suo fedele, e con essi portarono sul dosso uno imbottito per uno di scudi ne’ giubboni. Et a Ferrara<br />

condotti, riposandosi, avvenne che, per gli sospetti della guerra e per la lega dello Imperatore e del<br />

Papa, che erano intorno a Fiorenza, il duca Alfonso da Este teneva ordini in Ferrara, e voleva sapere<br />

secretamente dagli osti che alloggiavano i nomi di tutti coloro che ogni dì alloggiavano, e la listra<br />

de’ forestieri, di che nazione si fossero, ogni dì si faceva portare.<br />

Avvenne dunque che, essendo Michelagnolo quivi con animo di non esser [II. 742] conosciuto, e<br />

con li suoi scavalcato, fu ciò per questa via noto al Duca, che se ne rallegrò per esser divenuto<br />

amico suo. Era quel principe di grande animo e, mentre che visse, si dilettò continuamente della<br />

virtù. Mandò sùbito alcuni de’ primi della sua corte, che per parte di Sua Ecc[ellenza] in palazzo e<br />

dove era il Duca lo conducessero, et i cavalli et ogni sua cosa levassero, e bonissimo<br />

allog[g]iamento in palazzo gli dessero. Michelagnolo, trovandosi in forza altrui, fu constretto<br />

ubidire e, quel che vender non poteva, donare; et al Duca con coloro andò, senza levare le robe<br />

dell’osteria. Per che, fattogli il Duca accoglienze grandissime e dòltosi della sua salvatichezza, et<br />

apresso fattogli di ricchi et onorevoli doni, volse con buona provisione in Ferrara fermarlo. Ma egli,<br />

non avendo a ciò l’animo intento, non vi volle restare. E pregatolo almeno che, mentre la guerra<br />

durava, non si partisse, il Duca di nuovo gli fece offerte di tutto quello che era in poter suo; onde<br />

Michelagnolo, non volendo essere vinto di cortesia, lo ringraziò molto e, voltandosi verso i suoi<br />

due, disse che aveva portato in Ferrara 12 mila scudi e che, se gli bisognava, erano al piacer suo<br />

insieme con esso lui. Il Duca lo menò a spasso, come aveva fatto altra volta, per il palazzo, e quivi<br />

gli mostrò ciò che aveva di bello, fino a un suo ritratto di mano di Tiziano, il quale fu da lui molto<br />

commendato. Né però lo poté mai fermare in palazzo, perché egli alla osteria volse ritornare; onde<br />

l’oste che l’allog[g]iava ebbe sotto mano dal Duca infinite cose da fargli onore, e commissione, alla<br />

partita sua, di non pigliare nulla del suo alloggio. Indi si condusse a Vinegia, dove desiderando di<br />

conoscerlo molti gentiluomini, egli, che sempre ebbe poca fantasia che di tale esercizio<br />

s’intendessero, si partì di [Vinegia], dove era alloggiato, [e si ritrasse ad abitare alla] Giudecca,<br />

dove si dice che allora disegnò per quella città, pregato dal Doge Gritti, il ponte del Rialto: disegno<br />

rarissimo d’invenzione e d’ornamento.<br />

Fu richiamato Michelagnolo con gran preghi alla patria; e fortemente raccomandatogli che non<br />

volessi abandonar l’impresa, e mandatogli salvocondotto, finalmente, vinto dallo amore, non senza<br />

pericolo della vita ritornò: et in quel mentre finì la <strong>Le</strong>da, che faceva, come si disse, dimandatali dal<br />

duca Alfonso, la quale fu portata poi in Francia per Anton Mini suo creato. Et intanto rimediò al<br />

campanile di S. Miniato, torre che offendeva stranamente il campo nimico con 2 pezzi di artiglieria:<br />

di che, vòltosi a batterlo con cannoni grossi i bombardieri del campo, l’avevon quasi lacero e

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