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Le Vite - Fondazione Memofonte

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et adornato quella Republica, ma hanno fatto conoscere giornalmente il Sansovino per<br />

eccellentissimo artefice, et amare et onorare dalla magnificenza e liberalità di que’ signori, e<br />

parimente dagl’altri artefici, referendosi a lui tutto quello di scultura et architettura che è stato in<br />

quella città al suo tempo operato. E nel vero ha meritato l’eccell[enza] di Iacopo di essere tenuta nel<br />

primo grado in quella città fra gl’artefici del disegno, e che la sua virtù sia stata amata et osservata<br />

universalmente dai nobili e dai plebei; perciò che oltre all’altre cose egli ha, come s’è detto, fatto<br />

col suo sapere e giudizio che si è quasi del tutto rinovata quella città et imparato il vero e buon<br />

modo di fabricare. Ma se ella ha ricevuto da lui bellezza et ornamento, egli all’incontro è da lei stato<br />

molto benificato, con ciò sia che, oltre all’altre cose, egli è vivuto in essa, da che prima vi andò<br />

insino all’età di 78 anni, sanissimo e gagliardo, e gli ha tanto conferito l’aria e quel cielo, che non<br />

ne mostra in un certo modo più che quaranta; et ha veduto e vede d’un suo virtuosissimo figliuolo,<br />

uomo di lettere, due nipoti, un maschio et una femmina, sanissimi e belli, con somma sua<br />

contentezza. E che è più, vive ancora felicissimamente e con tutti que’ comodi et agi che maggiori<br />

può avere un par suo. Ha sempre amato gl’artefici, et in particolare è stato amicissimo<br />

dell’eccell[ente] e famoso Tiziano, come fu anco, mentre visse, di messer Pietro Aretino. Per le<br />

quali cose ho giudicato ben fatto, se bene vive, fare di lui questa onorata memoria, e massimamente<br />

che oggimai è per far poco nella scultura. Ha avuto il Sansovino molti discepoli in Fiorenza:<br />

Niccolò detto il Tribolo, come s’è detto, il Solosmeo da Settignano, che finì, dalle figure grandi in<br />

fuori, tutta la sepoltura di marmo ch’è a Monte Casino, dove è il corpo di Piero de’ Medici, che<br />

affogò nel fiume del Garigliano. Similmente è stato suo discepolo Girolamo da Ferrara detto il<br />

Lombardo, del quale s’è ragionato nella Vita di Benvenuto Garofalo ferrarese, et il quale e dal<br />

primo Sansovino e da questo secondo ha imparato l’arte di maniera, che, oltre alle cose di Loreto,<br />

delle quali si è favellato, e di marmo e di bronzo, ha in Vinezia molte opere lavorato. Costui, se<br />

bene capitò sotto il Sansovino d’età di trenta anni e con poco disegno, ancora che avesse innanzi<br />

lavorato di scultura alcune cose, essendo più tosto uomo di lettere e di corte che scultore, attese [II.<br />

832] nondimeno di maniera, che in pochi anni fece quel profitto che si vede nelle sue opere di<br />

mezzo rilievo che sono nelle fabriche della Libreria e Loggia del campanile di San Marco. Nelle<br />

quali opere si portò tanto bene, che poté poi fare da sé solo le statue di marmo e i Profeti che lavorò,<br />

come si disse, alla Madonna di Loreto. Fu ancora discepolo del Sansovino Iacopo Colonna, che<br />

morì a Bologna già trenta anni sono, lavorando un’opera d’importanza. Costui fece in Vinezia nella<br />

chiesa di San Salvadore un San Girolamo di marmo ignudo, che si vede ancora in una nicchia<br />

intorno all’organo, che fu bella figura e molto lodata; et a Santa Croce della Giudecca fece un<br />

Cristo, pure ignudo, di marmo, che mostra le piaghe, con bello artifizio; e parimente a San Giovanni<br />

Nuovo tre figure: Santa Dorotea, Santa Lucia e Santa Caterina; et in Santa Marina si vede di sua<br />

mano un cavallo con un capitano armato sopra; le quali opere possono stare al pari con quante ne<br />

sono in Vinezia. In Padova, nella chiesa di Santo Antonio, fece di stucco detto Santo e San<br />

Bernardino vestiti. Della medesima materia fece a messer Luigi Cornaro una Minerva, una Venere<br />

et una Diana, maggiori del naturale e tutte tonde; di marmo un Mercurio, e di terra cotta un Marzio<br />

ignudo e giovinetto, che si cava una spina d’un piè, anzi, mostrando averla cavata, tiene con una<br />

mano il piè, guardando la ferita, e con l’altra pare che voglia nettare la ferita con un panno: la quale<br />

opera, perché è la migliore che mai facesse costui, disegna il detto messer Luigi farla gettare di<br />

bronzo. Al medesimo fece un altro Mercurio di pietra, il quale fu poi donato al duca Federigo di<br />

Mantova.<br />

Fu parimente discepolo del Sansovino Tiziano da Padova, scultore, il quale nella loggia del<br />

campanile di San Marco di Vinezia scolpì di marmo alcune figurette; e nella chiesa del medesimo<br />

San Marco si vede pur da lui scolpito e gettato di bronzo un bello e gran coperchio di pila di bronzo<br />

nella cappella di San Giovanni. Aveva costui fatto la statua d’un San Giovanni, nel quale sono i<br />

quattro Evangelisti e quattro storie di San Giovanni, con bello artifizio, per gettarla di bronzo: ma<br />

morendosi d’anni trentacinque, rimase il mondo privo d’un eccell[ente] e valoroso artefice. È di<br />

mano di costui la volta della cappella di Santo Antonino da Padova, con molto ricco partimento di<br />

stucco. Aveva cominciato per la medesima un serraglio di cinque archi di bronzo, che erano pieni di

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