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Le Vite - Fondazione Memofonte

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polvere. Uno Cresiloco, il quale fu discepolo d’Apelle, ritrasse Giove, e nel vero con poca<br />

reverenzia, in atto di voler partorire Bacco, lagnantesi a guisa di femmina fra le mani delle levatrici<br />

con molte delle Dee intorno, le quali dolenti e lagrimanti ministravano al parto. Uno Cleside,<br />

parendogli aver ricevuto ingiuria da Stratonica regina non essendo stato da lei accettato come<br />

pareva se li convenisse, dipinse il Diletto in forma di femmina insieme con un pescatore che si<br />

diceva essere amato dalla regina, e lasciò questa tavola in Efeso in publico, e, noleggiata una nave,<br />

con gran prestezza favorito da’ venti fuggì via; la regina non volle che ella fosse quindi levata,<br />

comeché questo artefice l’avesse molto bene rassembrata in quella figura et il pescatore altresì<br />

ritratto al naturale. Nicearco dipinse Venere e Cupido fra le Grazie, et uno Ercole mesto in atto di<br />

pentirsi della pazzia. Nealce dipinse una battaglia navale nel Nilo fra i Persi e gli Egizzii, e perciò<br />

che le acque del Nilo per la grandezza di quel fiume rassembrano il mare, acciò che la cosa fusse<br />

riconosciuta, con bel trovato e grazia maravigliosa dipinse alla riva uno asinello che beeva e poco<br />

più oltre un gran cocodrillo in aguato per prenderlo. Filisco dipinse una bottega d’un dipintore con<br />

tutti i suoi ordigni et un fanciullo che soffiava nel fuoco. Teodoro un che si soffiava il naso; il<br />

medesimo dipinse Oreste che uccideva la madre et Egisto adultero, et in più tavole la guerra<br />

Troiana, la quale era in Roma nella loggia di Filippo, et una Cassandra nel tempio della Concordia.<br />

<strong>Le</strong>onzio dipinse Epicuro filosofo pensoso e Demetrio re. Taurisco uno di coloro che scagliavano in<br />

aria il disco, una Clitennestra, uno Polinice il quale si apprestava per tornare nello stato, et un<br />

Capaneo. Non si deve lasciare indietro uno Erigono macinatore di colori nella bottega di Nealce, il<br />

quale salse in tanta eccellenza di quest’arte che non solo egli fu di gran pregio, ma di lui ancora<br />

rimase discepolo quel Pausia di cui di sopra abbiamo detto che fu molto chiaro nel dipignere. Bella<br />

cosa è ancora, e degna d’essere raccontata, che molte opere ultime e non finite di cotali maestri<br />

furono più stimate e più tenute care e con maggior piacere e maraviglia riguardate che le<br />

perfettissime e l’intere, quale fu l’Iride di Aristide, i Gemelli di Nicomaco, la Medea di Timomaco e<br />

la Venere di Apelle, di cui di sopra dicemo. Queste tavole furono in grandissimo pregio e<br />

sommamente dilettarono, vedendosi in loro, per i disegni rimasi, i pensieri dello artefice; e quello<br />

che di loro mancava con un certo piacevol dispiacere più si aveva caro che il perfetto di molte belle<br />

e da’ buon’ maestri opere compiutamente fornite. E questi voglio che insino a qui, fra li quasi<br />

infiniti che in cotale arte fiorirono, mi basti avere raccontati, li quali per lo più o furono Greci o<br />

delle parti alla Grecia vicine.<br />

Ebbero ancora di cotale arte pregio alcune donne, le quali di loro ingegno e maestria abbellirono<br />

l’arte del ben di[II. XX]pignere; infra le quali Timarete, figliuola di Micone pittore, dipinse una<br />

Diana la quale in Efeso fu fra le molte e molto nobili et antiche tavole celebrata, Irena figliuola e<br />

discepola di Cratino dipinse una fanciulla nel tempio di Cerere in Attica, Alcistene uno saltatore,<br />

Aristarte, figliuola e discepola di Nearco, uno Esculapio. Marzia di Marco Varrone nella sua<br />

giovanezza adoperò il pennello e ritrasse figure, massimamente di femmine e la sua istessa dallo<br />

specchio; e, secondo si dice, niuna mano menò mai più veloce pennello e trapassò di gran lunga<br />

Sopilo e Dionisio pittori della sua età, i quali di loro arte molti luoghi empierono et adornarono.<br />

Dipinse anco una Olimpiade della quale non rimase altra memoria se non ch’ella fu maestra di<br />

Antobulo.<br />

Fu in qualche pregio anco appresso i Romani cotale arte, poscia che i Fabii onorati cittadini non<br />

sdegnarono aver sopranome il Dipintore. Tra i quali, il primo che così fu per sopranome chiamato<br />

dipinse il tempio della Salute l’anno DL dalla fondazione di Roma, la quale dipintura durò oltre<br />

all’età di molti imperadori et insino che quel tempio fu abbrusciato. Fu ancora in qualche nome<br />

Pacuvio poeta, dalla cui mano fu adorno il tempio di Ercole nella piazza del Mercato de’ buoi.<br />

Costui, come si diceva, fu figliuolo d’una sorella di Ennio poeta, e fu chiara in lui cotale arte molto<br />

più per essere stata accompagnata dalla poesia. Dopo costoro non trovo io in Roma da persone<br />

nobili cotale arte essere stata esercitata, se già non ci piacesse mettere in questo numero Turpilio<br />

cavalier romano, il quale a Verona dipinse molte cose le quali molto tempo durarono. Lavorava<br />

costui con la sinistra mano, il che di niuno altro si sa essere avvenuto, di cui opera furono molto<br />

lodate alcune picciole tavolette. Aterio Labeone ancora, il quale era stato pretore et aveva tenuto il<br />

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