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Le Vite - Fondazione Memofonte

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scultura a Fiorenza e quello che aveva animo di volere fare e della sala particularmente, di nuovo<br />

Michelagnolo ne lo confortò e confermò, e si dolse, perché amava quel Signore, non essere giovane<br />

di età da poterlo servire. E ragionando Sua E[ccellenza] che aveva trovato il modo da lavorare il<br />

porfido, cosa non creduta da lui, se gli mandò, come s’è detto nel primo capitolo delle Teoriche, la<br />

testa del Cristo lavorata da Francesco del Tadda scultore, che ne stupì. E tornò dal Duca più volte,<br />

mentre che dimorò in Roma, con suo grandissima satisfazione. Et il medesimo fece, andandovi<br />

poco dopo lo illustrissimo don Francesco de’ Medici suo figliuolo, del quale Michelagnolo si<br />

compiacque per le amorevoli accoglienze e carezze fatte da Sua Eccell[enza] illustrissima, che gli<br />

parlò sempre con la berretta in mano, avendo infinita reverenza a sì raro uomo, e scrisse al Vasari<br />

che gli incresceva l’essere indisposto e vecchio, ché arebbe voluto fare qualcosa per quel signore, et<br />

andava cercando comperare qualche anticaglia bella per mandargliene a Fiorenza. Ricercato a<br />

questo tempo Michelagnolo dal Papa per Porta Pia d’un disegno, ne fece tre, tutti stravaganti e<br />

bellissimi, che ‘l Papa elesse per porre in opera quello di minore spesa, come si vede oggi murata<br />

con molta sua lode. E visto l’umor del Papa, perché dovessi restaurare le altre porte di Roma, gli<br />

fece molti altri disegni: e ‘l medesimo fece, richiesto dal medesimo Pontefice, per far la nuova<br />

chiesa di Santa Maria delli Angioli nelle Terme Diocliziane per ridurle a tempio a uso di cristiani; e<br />

prevalse un suo disegno ch’e’ fece a molti altri fatti da eccellenti architetti, con tante belle<br />

considerazioni per comodità de’ frati Certosini, che l’hanno ridotto oggi quasi a perfezzione, che fe’<br />

stupire Sua Santità e tutti i prelati e signori di corte delle bellissime considerazioni che aveva fatte<br />

con giudizio, servendosi di tutte l’ossature di quelle Terme: e se ne vedde cavato un tempio<br />

bellissimo et una entrata fuor della openione di tutti gli architetti, dove ne riportò lode et onore<br />

infinito. Come anche per questo luogo e’ disegnò per Sua Santità di fare un ciborio del Sagramento<br />

di bronzo, stato gettato gran parte da maestro Iacopo Ciciliano, eccellente gettatore di bronzi, che fa<br />

che vengono le cose sottilissimamente senza bave, che con poca fatica si rinettano; che in questo<br />

genere è raro [II. 771] maestro e molto piaceva a Michelagnolo. Aveva discorso insieme la nazione<br />

fiorentina più volte di dar qualche buon principio alla chiesa di San Giovanni di strada Giulia; dove<br />

ragunatosi tutti i capi delle case più ricche, promettendo ciascuna per rata, secondo le facultà,<br />

sovvenire detta fabbrica, tanto che feciono da riscuotere buona somma di danari, e disputossi fra<br />

loro se gli era bene seguitare l’ordine vecchio o far qualche cosa di nuovo migliore. Fu risoluto che<br />

si dessi ordine sopra i fondamenti vecchi a qualche cosa di nuovo, e finalmente creorono tre sopra<br />

questa cura di questa fabbrica, che fu Francesco Bandini, Uberto Ubaldini e Tommaso de’ Bardi, e’<br />

quali richiesano Michelagnolo di disegno, raccomandandosegli, sì perché era vergogna della<br />

nazione avere gettato via tanti danari, né aver mai profittato niente, che, se la virtù sua non gli<br />

giovava a finirla, non avevono ricorso alcuno. Promesse loro con tanta amorevolezza di farlo quanto<br />

cosa e’ facessi mai prima, perché volentieri in questa sua vecchiezza si adoperava alle cose sacre,<br />

che tornassino in onore di Dio, poi per l’amor della sua nazione, qual sempre amò. Aveva seco<br />

Michelagnolo a questo parlamento Tiberio Calcagni, scultore fiorentino, giovane molto volonteroso<br />

di imparare l’arte, il quale, essendo andato a Roma, s’era vòlto alle cose d’architettura. Amandolo<br />

Michelagnolo, gli aveva dato a finire, come s’è detto, la Pietà di marmo ch’e’ roppe, et inoltre una<br />

testa di Bruto di marmo, col petto, maggiore assai del naturale, perché la finisse, quale era condotta<br />

la testa sola con certe minutissime gradine. Questa l’aveva cavata da un ritratto di esso Bruto,<br />

intagliato in una corgnola antica che era apresso al signor Giuliano Ceserino, antichissima, che a’<br />

preghi di messer Donato Gianotti suo amicissimo la faceva Michelagnolo per il cardinale Ridolfi,<br />

che è cosa rara.<br />

Michelagnolo dunque per le cose d’architettura, non possendo disegnare più per la vecchiaia né tirar<br />

linee nette, si andava servendo di Tiberio, perché era molto gentile e discreto. Perciò, desiderando<br />

servirsi di quello in tale impresa, gl’impose che e’ levassi la pianta del sito della detta chiesa; la<br />

quale levata e portata sùbito a Michelagnolo, in questo tempo che non si pensava che facessi niente,<br />

fece intendere per Tiberio che gli aveva serviti, e finalmente mostrò loro cinque piante di tempii<br />

bellissimi, che viste da loro si maravigliorono, e disse loro che scegliessino una a modo loro. E’<br />

quali non volendo farlo, riportandosene al suo giudizio, volse che si risolvessino pure a modo loro;

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