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Le Vite - Fondazione Memofonte

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Cap. XX<br />

[I. 51] Del dipignere a tempera overo a uovo su le tavole o tele, e come si può usare sul muro<br />

che sia secco.<br />

Da Cimabue in dietro e da lui in qua s’è sempre veduto opre lavorate da’ Greci a tempera in tavola<br />

et in qualche muro. Et usavano nello ingessare delle tavole questi maestri vecchi, dubitando che<br />

quelle non si aprissero in su le commettiture, mettere per tutto, con la colla di carnicci, tela lina e<br />

poi sopra quella ingessavano per lavorarvi sopra, e temperavano i colori da condurle col rosso dello<br />

uovo o tempera, la qual è questa: toglievano uno uovo e quello dibattevano, e dentro vi tritavano un<br />

ramo tenero di fico, acciò che quel latte con quel uovo facesse la tempera de’ colori, i quali con essa<br />

temperando, lavoravono l’opere loro. E toglievano per quelle tavole i colori ch’erano di miniere, i<br />

quali son fatti parte dagli alchimisti e parte trovati nelle cave. Et a questa specie di lavoro ogni<br />

colore è buono, salvo ch’il bianco che si lavora in muro fatto di calcina, perch’è troppo forte. Così<br />

venivano loro condotte con questa maniera le opere e le pitture loro, e questo chiamavono colorire a<br />

tempera. Solo gli azzur[r]i temperavono con colla di carnicci, perché la giallezza dell’uovo gli<br />

faceva diventar verdi, ove la colla gli mantiene nell’essere loro; e ‘l simile fa la gomma.<br />

Tiensi la medesima maniera su le tavole o ingessate o senza; e così su’ muri che siano sec[c]hi si dà<br />

una o due mani di colla calda, e dipoi con colori temperati con quella si conduce tutta l’opera; e chi<br />

volesse temperare ancora i colori a colla, agevolmente gli verrà fatto osservando il medesimo che<br />

nella tempera si è raccontato, né saranno peggiori per questo, poiché anco de’ vecchi maestri nostri<br />

si sono vedute le cose a tempera conservate centinaia d’anni con bellezza e freschezza grande. E<br />

certamente e’ si vede ancora delle cose di Giotto, che ce n’è pure alcuna in tavola durata già<br />

dugento anni e mantenutasi molto bene. È poi venuto il lavorar a olio, che ha fatto per molti mettere<br />

in bando il modo della tempera, sì come oggi veggiamo che nelle tavole e nelle altre cose<br />

d’importanza si è lavorato e si lavora ancora del continovo.<br />

Cap. XXI<br />

Del dipingere a olio in tavola e su le tele.<br />

Fu una bellissima invenzione et una gran commodità all’arte della pittura il trovare il colorito a olio,<br />

di che fu primo inventore in Fiandra Giovanni da Bruggia, il quale mandò la tavola a Napoli al re<br />

Alfonso et al duca d’Urbino Federigo II la stufa sua, e fece un San Gironimo che Lorenzo de’<br />

Medici aveva, e molte altre cose lodate. Lo seguitò poi Rugieri da Bruggia suo discipolo, et Ausse<br />

creato di Rugieri, che fece a’ Portinari in S. Maria Nuova di Firenza un quadro picciolo, il qual è<br />

oggi apresso al duca Cosimo; et è di sua mano la tavola di Careggi, villa fuora di Firenze della<br />

illustrissima casa de’ Medici. Furono similmente de’ primi Lodovico da Luano e Pietro Crista e<br />

maestro Martino e Giusto da Guanto, che fece la tavola della Comunione del duca d’Urbino et altre<br />

pitture, et Ugo d’Anversa, che fe’ la tavola di S. Maria Nuova di Fiorenza. Questa arte condusse poi<br />

in Italia Antonello da Messina che molti anni consumò in Fiandra, e, nel tornarsi di qua da’ monti<br />

fermatosi ad abitare in Venezia, la insegnò ad alcuni amici, uno de’ quali fu Domenico Veniziano<br />

che la condusse poi in Firenze quando dipinse a olio la capella de’ Portinari in S. Maria Nuova,<br />

do[I. 52]ve la imparò Andrea dal Castagno che la insegnò agli altri maestri, con i quali si andò<br />

ampliando l’arte et acquistando - sino a Pietro Perugino, a Lionardo da Vinci et a Rafaello da<br />

Urbino - talmente, che ella s’è ridotta a quella bellezza che gli artefici nostri, mercé loro, l’hanno<br />

acquistata.<br />

Questa maniera di colorire accende più i colori né altro bisogna che diligenza et amore, perché<br />

l’olio in sé si reca il colorito più morbido, più dolce e dilicato e di unione e sfumata maniera più<br />

facile che li altri, e mentre che fresco si lavora, i colori si mescolano e si uniscono l’uno con l’altro<br />

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