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Le Vite - Fondazione Memofonte

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strascinava per i capegli un doloroso giovane, il quale pareva che con gli occhi e con le mani levate<br />

al cielo gridasse misericordia e chiamasse li Dei per testimonio della vita sua di niuna colpa<br />

macchiata. Guidava costei una figura pallida nel volto e molto sozza, la quale pareva che pure allora<br />

da lunga infermità si sollevasse: questa si giudicò che fusse l’Invidia. Drieto alla Calunnia, come<br />

sue serventi e di sua compagnia seguivano due altre figure, secondo ch’e’ si crede, che<br />

rassembravano l’Inganno e l’Insidia. Dopo queste era la Penitenza atteggiata di dolore et involta in<br />

panni bruni la quale si batteva a palme e pareva che, dietro guardandosi, mostrasse la Verità in<br />

forma di donna modestissima e molto contegnosa. Questa tavola fu molto lodata e per la virtù del<br />

maestro e per la leggiadria dell’arte e per la invenzione della cosa, la quale può molto giovare a<br />

coloro li quali sono proposti ad udire le accuse degli uomini.<br />

Furono del medesimo artefice molte altre opere celebrate dagli scrittori, le quali si lasciano andare<br />

per brevità, essendosene raccontate forse più che non bisognava. Trovò nell’arte molte cose e molto<br />

utili, le quali giovarono molto a quegli che dipoi le appararono. Questo non si trovò giamai dopo lui<br />

chi lo sapesse adoperare, e questo fu un color bruno, o vernice che si debba chiamare, il quale egli<br />

sottilmente distendeva sopra l’opre già finite; il quale con la sua riverberazione destava la chiarezza<br />

in alcuni de’ colori e gli difendeva dalla polvere, e non appariva se non da chi ben presso il mirava;<br />

e ciò faceva con isquisita ragione, acciò che la chiarezza d’alcuni accesi colori meno offendessero la<br />

vista di chi da lontano, come per vetro, le riguardasse, temperando ciò col più e col meno, secondo<br />

giudicava convenirsi.<br />

Al medesimo tempo fu Aristide tebano, il quale, come si dice, fu il primo che dipignesse l’animo e<br />

le passioni di quello. Fu alquanto più rozzo nel colorire. Ebbe gran nome una tavola di costui dove<br />

era ritratto, fra la strage d’una terra presa per forza, una madre, la quale moriva di ferite et appresso<br />

aveva il figliuolo che carpone si traeva alla poppa, e nella madre pareva temenza che ‘l figliuolo<br />

non bevesse con il latte il sangue di lei già morto. Questa tavola, estimandola bellissima, fece<br />

portare in Macedonia a Pella sua patria Alessandro Magno. Dipinse ancora la battaglia<br />

d’Alessandro con i Persi mettendo in una stessa tavola cento figure, aven[II. XIV]do prima pattuito<br />

con Mnasone prencipe degli Elatresi cento mine per ciascuna. Di questo medesimo si potrebbono<br />

raccontare altre figure molto chiare- le quali et a Roma et altrove furono molto in pregio assai<br />

tempo, e fra l’altre uno infermo lodato infinitamente -, perciò che ei valse tanto in questa arte che si<br />

dice il re Attalo aver comperato una delle sue tavole cento talenti.<br />

Visse al medesimo tempo e fiorì Protogene suddito de’ Rodiani, di cui alquanto di sopra si disse,<br />

povero molto nel principio del suo mestiere e di cui si dice che egli aveva da prima esercitato la<br />

pittura in cose basse e quasi aveva lavorato a opera dipignendo le navi; ma fu diligente molto e nel<br />

dipignere tardo e fastidioso, né così bene in esso si sodisfaceva. Il vanto delle sue opere porta lo<br />

Ialiso, il quale insino al tempo di Vespasiano imperadore si guardava ancora a Roma nel tempio<br />

della Pace. Dicono che nel tempo che egli faceva cotale opera non mangiò altro che lupini dolci,<br />

sodisfacendo a un tempo medesimo con essi alla fame et alla sete per mantenere l’animo et i sensi<br />

più saldi e non vinti da alcuno diletto. Quattro volte mise colore sopra colore a questa opera, riparo<br />

contro alla vecchiezza e schermo contro al tempo, acciò consumandosi l’uno succedesse l’altro di<br />

mano in mano. Vedevasi in questa tavola stessa un cane di maravigliosa bellezza fatto da l’arte et<br />

insieme dal caso in cotal modo. Voleva egli ritrarre intorno alla bocca del cane quella schiuma la<br />

quale fanno i cani faticati et ansanti, né poteva in alcun modo entro sodisfarvisi: ora scambiava<br />

pennello, ora con la spugna scancellava i colori, ora insieme li mescolava, che arebbe pur voluto<br />

che ella uscisse della bocca dell’animale e non che la paresse di fuora appiccata; né si contentava in<br />

modo veruno, tanto che, avendovi faticato intorno molto né riuscendogli meglio l’ultima volta che<br />

la prima, con istizza trasse la spugna che egli aveva in mano piena di quei colori nel luogo stesso<br />

dove egli dipigneva. Maravigliosa cosa fu a vedere: quello che non aveva potuto fare con tanto<br />

studio e fatica l’arte, lo fece il caso in un tratto solo, perciò che quelli colori vennero appiccati<br />

intorno alla bocca del cane di maniera che ella parve proprio schiuma che di bocca gli uscisse.<br />

Questo stesso dicono essere avvenuto a Nealce pittore nel fare medesimamente la schiuma alla<br />

bocca d’un cavallo ansante, o avendolo apparato da Protogene o essendoli avvenuto il caso<br />

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