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Le Vite - Fondazione Memofonte

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avvenga[II. XXXVIII]ché per la bellezza d’alcune scampate e per la virtù loro si possa estimare che<br />

elle sieno state opere d’alcuni de’ sopra da noi nominati.<br />

L’origine di far le statue si conosce appresso i Greci primieramente esser nata dalla religione, ché le<br />

prime imagini che di bronzo o di marmo si facessero furono fatte a simiglianza degli Dei, e quali li<br />

uomini gli adoravano e secondo che pensavano che essi fossero. Dagli Dei si scese agli uomini da li<br />

quali i comuni e le province estimavano aver ricevuto alcuno benifizio straordinario; e si dice che in<br />

Atene, la quale fu città civilissima et umanissima, il primo onore di questa sorte fu dato ad Armodio<br />

et Aristogitone, i quali avevano voluto, con l’uccidere il tiranno, liberare la patria dalla servitù. Ma<br />

ciò potette esser vero in Atene, perciò che molto prima a coloro i quali ne’ giuochi sacri di Grecia e<br />

massimamente negli olimpici erano publicamente banditi vincitori, in quel luogo si facevano le<br />

statue. Questa sorte di onore, del quale i Greci furono liberalissimi, trapassò a Roma - e forse, come<br />

io mi credo, ve la recarono i Toscani lor vicini e parte di loro accettati nel numero de’ cittadini -,<br />

perciò che si vedevano a Roma anticamente le statue dei primi re romani nel Campidoglio, et a<br />

quello Azzio Navio, il quale per conservazione degli augurii tagliò col rasoio la pietra, vi fu posto<br />

anche la statua. Ebbevela anco quel Ermodoro, savio da Efeso, il quale a quei diece cittadini romani<br />

che compilavano le leggi le greche leggi interpretava, e quello Orazio Coclite il quale solo sopra il<br />

ponte aveva l’impeto de’ Toscani sostenuto. Vedevansene inoltre molte altre antiche poste dal<br />

popolo o dal senato ai lor cittadini e massimamente a coloro i quali, essendo imbasciadori del loro<br />

comune, erano stati da’ nimici uccisi Era anco molto antica in Roma la statua di Pitagora e<br />

d’Alcibiade; l’uno riputato sapientissimo e l’altro fortissimo. Né solo fu fatto questo onore di statue<br />

agli uomini da’ Romani, ma ancora ad alcuna donna, però che a Caia Suffecia vergine vestale fu<br />

diliberato che si facesse una statua, perciò che, come in alcuna cronaca de’ Romani era scritto, ella<br />

al popolo romano aveva fatto dono del campo vicino al fiume. Questo medesimo onore fu fatto a<br />

Coclia, e forse maggiore perciò che costei fu ritratta a cavallo, che s’era fuggita del campo del re<br />

Porsena, il quale era venuto con l’oste contro a’ Romani. Molti oltre a questi se ne potrebbero<br />

contare, i quali per alcuno benefizio raro fatto al comune loro meritarono la statua. E molto prima a<br />

Roma fu questo onore di statue di bronzo o di marmo dato agli uomini che in cotal materia li Dei si<br />

ritraessero, contentandosi quegli antichi di avere le imagini dei loro Dei rozze di legno intagliato e<br />

di terracotta; e la prima imagine di bronzo che agli Dei in Roma si facesse, si dice essere stata di<br />

Cerere, la quale si trasse dello avere di quello Spurio Melio che nella carestia, col vendere a minor<br />

pregio il suo grano, s’ingegnava di allettare il popolo e di procacciarsi la signoria della patria, e che<br />

per questo conto fu ucciso.<br />

Avevano le greche statue e le romane differenza infra di loro assai chiara, ché le greche per lo più<br />

erano, secondo l’usanza delle palestre, ignude, dove i giovani alla lotta et ad altri giuochi ignudi si<br />

esercitavano, ché in quelli ponevano il sommo onore; le romane si facevano vestite o d’armadura o<br />

di toga, abito spezialmente romano, il [II. XXXIX] quale onore, come noi dicemo poco fa, dava<br />

primieramente il comune; poi, cominciando l’ambizione a crescere, fu dato anco da’ privati e da’<br />

comuni forestieri a questo et a quel cittadino o per benefizio ricevuto o per averlo amico, e<br />

massimamente lo facevano gli umili e bassi amici inverso i più potenti e maggiori; et andò tanto<br />

oltre la cosa, che in brieve spazio le piazze, i templi e le logge ne furono tutte ripiene. E non solo<br />

fiorirono queste arti nel tempo che i Greci in mare et in terra molto poterono appresso a quella<br />

nazione, ma poi, molti secoli dopo che ebbero perduto l’imperio, al tempo degli imperadori romani<br />

alcune volte risorsero, ché in Roma si vede ancora l’arco di Settimio ornato di molte belle figure e<br />

molte altre opere egregie, delle quali non si sanno i maestri, essendosene perduta la memoria.<br />

Ma non estimo già che queste cotali sieno da aguagliare a quelle che, nei tempi che i Greci cotanto<br />

ci studiarono, furono fatte; apresso i quali furono inoltre alcuni i quali ebbero gran nome nel<br />

lavorare in argento di scarpello, l’opere dei quali e per la materia, la quale agevolmente muta forma<br />

e che l’uso in poco spazio logora, non si condussero molto oltre; e nondimeno ne sono chiari alcuni<br />

artefici, de’ nomi de’ quali brievemente faremo menzione per finire una volta quello che Voi avete<br />

voluto che io facci. Nella quale arte fra i primi fu molto celebrato Mentore, il quale lavorava di<br />

sottilissimo lavoro vasi d’argento e tazze da bere et ogni altra sorte di vasellamento che si<br />

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