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Le Vite - Fondazione Memofonte

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Iacone, Pierfrancesco di Iacopo et altri, restò in poco tempo tutta finita quell’opera con molta<br />

sodisfazione del signor Duca, il quale voleva far dipignere l’altra loggia; ma non fu a tempo, perciò<br />

che essendosi fornito questo lavoro a dì 13 di dicembre 1536, alli sei di gennaio seguente fu quel<br />

signore illustrissimo ucciso dal suo parente Lorenzino; e così questa et altre opere rimasono senza la<br />

loro perfezzione. [II. 492] Essendo poi creato il signor duca Cosimo, passata felicemente la cosa di<br />

Montemurlo, e messosi mano all’opera di Castello, secondo che si è detto nella Vita del Tribolo,<br />

Sua Eccell[enza] illustrissima, per compiacere la signora donna Maria sua madre, ordinò che Iacopo<br />

dipignesse la prima loggia, che si truova entrando nel palazzo di Castello a man manca. Per che<br />

messovi mano, primieramente disegnò tutti gl’ornamenti che v’andavano, e gli fece fare al<br />

Bronzino per la maggior parte et [a] coloro che avevano fatto quei di Careggi. Dipoi rinchiusosi<br />

dentro da sé solo, andò facendo quell’opera a sua fantasia et a suo bell’agio, studiando con ogni<br />

diligenza, acciò ch’ella fusse molto migliore di quella di Careggi, la quale non avea lavorata tutta di<br />

sua mano: il che potea fare commodamente, avendo per ciò otto scudi il mese da Sua Eccellenza, la<br />

quale ritrasse così giovinetta come era nel principio di quel lavoro, e parimente la signora donna<br />

Maria sua madre. Finalmente essendo stata turata la detta loggia cinque anni, e non si potendo anco<br />

vedere quello che Iacopo avesse fatto, adiratasi la detta signora un giorno con esso lui, comandò che<br />

i palchi e la turata fusse gettata in ter[r]a. Ma Iacopo essendosi raccomandato, et avendo ottenuto<br />

che si stesse anco alcuni giorni a scoprirla, la ritoccò prima dove gli parea che n’avesse di bisogno;<br />

e poi fatta fare una tela a suo modo, che tenesse quella loggia (quando que’ signori non v’erano)<br />

coperta, acciò l’aria, come avea fatto a Careggi, non si divorasse quelle pitture lavorate a olio in<br />

sulla calcina secca, la scoperse con grande aspettazione d’ognuno, pensandosi che Iacopo avesse in<br />

quell’opera avanzato se stesso e fatto alcuna cosa stupendissima. Ma gl’effetti non corrisposero<br />

interamente all’opinione; perciò che, se bene sono in questa molte parti buone, tutta la proporzione<br />

delle figure pare molto difforme, e certi stravolgimenti et attitudini che vi sono pare che siano senza<br />

misura e molto strane. Ma Iacopo si scusava con dire che non avea mai ben volentieri lavorato in<br />

quel luogo, perciò che, essendo fuor di città, par molto sottoposto alle furie de’ soldati et ad altri<br />

simili accidenti. Ma non accadeva che egli temesse di questo, perché l’aria et il tempo (per essere<br />

lavorate nel modo che si è detto) le va consumando a poco a poco. Vi fece dunque nel mezzo della<br />

volta un Saturno col segno del Capricorno, e Marte ermafrodito nel segno del <strong>Le</strong>one e della<br />

Vergine, et alcuni putti in aria che volano come quei di Careggi. Vi fece poi in certe feminone<br />

grandi, e quasi tutte ignude, la Filosofia, l’Astrologia, la Geometria, la Musica, l’Arismetica, et una<br />

Cerere, et alcune medaglie di storiette fatte con varie tinte di colori et apropriate alle figure. Ma con<br />

tutto che questo lavoro faticoso e stentato non molto sodisfacesse, e se pur assai, molto meno che<br />

non s’aspettava, mostrò Sua Eccellenza che gli piacesse e si servì di Iacopo in ogni occorrenza,<br />

essendo massimamente questo pittore in molta venerazione appresso i popoli per le molto belle e<br />

buon’opere che avea fatto per lo passato.<br />

Avendo poi condotto il signor Duca in Fiorenza maestro Giovanni Rosso e maestro Niccolò<br />

fiamminghi, maestri eccellenti di panni d’arazzo, perché quell’arte si esercitasse et imparasse dai<br />

fiorentini, ordinò che si facessero panni d’oro e di seta per la sala del consiglio de’ Dugento, con<br />

spesa di sessantamila scudi, e che Iacopo e Bronzino facessero nei cartoni le storie di Ioseffo. Ma<br />

avendone fatte Iacopo due, in uno de’ quali è quando a Iacob è annunziata [II. 493] la morte di<br />

Ioseffo e mostratogli i panni sanguinosi, e nell’altro il fuggire di Ioseffo, lasciando la veste, dalla<br />

moglie di Putifaro, non piacquero né al Duca né a que’ maestri che gl’avevano a mettere in opera,<br />

parendo loro cosa strana e da non dover riuscire ne’ panni tessuti et in opera. E così Iacopo non<br />

seguitò di fare più cartoni altrimenti. Ma tornando a’ suoi soliti lavori, fece un quadro di Nostra<br />

Donna che fu dal Duca donato al signor don [...], che lo portò in Ispagna. E perché Sua Eccellenza,<br />

seguitando le vestigia de’ suoi maggiori, ha sempre cercato di abellire et adornare la sua città,<br />

essendole ciò venuto in considerazione, si risolvé di fare dipignere tutta la capella maggiore del<br />

magnifico tempio di San Lorenzo, fatta già dal gran Cosimo Vecchio de’ Medici. Per che datone il<br />

carico a Iacopo Puntormo, o di sua propria volontà o per mezzo (come si disse) di messer<br />

Pierfrancesco Ricci maiorduomo, esso Iacopo fu molto lieto di quel favore; perciò che, se bene la

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