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Le Vite - Fondazione Memofonte

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cotali alcuni tanto quanto quelli antichi, i quali in tavole solamente dipinsero, e per ciò è in<br />

grandissima riverenzia l’antichità, perciò che quei primi artefici non adoperavano l’arte loro se non<br />

in cose che si potessero tramutare, e fuggire le guerre e gl’incendii e l’altre rovine, et agli antichi<br />

tempi in Grecia né in publico né in privato non si truova mura dipinte da nobili artefici: Protogene<br />

visse in una sua casetta con poco d’orto senza ornamento alcuno di sua arte, Apelle niuno muro<br />

dipinse giamai. Tutta l’arte di questi solenni maestri si dava alli communi et il pittor buono era cosa<br />

publica riputato. Ebbe alcuno nome poco inanzi alla età d’Augusto uno Arellio, il quale fu tanto<br />

dissoluto nello amore delle femmine che mai non fu senza, e perciò dipignendo Dee sempre vi si<br />

riconosceva drento alcuna delle da lui amate e le meretrici stesse.<br />

Tra questi detti di sopra non si vuol lasciar indietro Pausia Sicionio, discepolo di quel Panfilo che fu<br />

anco maestro d’Apelle, il quale pare che fusse il primo che cominciò a dipignere per le case i palchi<br />

e le volte, il che innanti non s’era usato. Dipigneva costui per lo più tavolette picciole e<br />

massimamente fanciulli, il che i suoi avversarii dicevano farsi da lui perciò che quel modo di<br />

lavorare era molto lungo, onde egli per acquistare nome di sollecito e presto dipintore, quando<br />

voglia o bisogno gliene venisse, fece in un giorno solo una tavola, la quale da questo fu chiamata “il<br />

lavoro d’un solo giorno”, entrovi un fanciul dipinto molto bello. Fu innamorato costui in sua<br />

giovanezza d’una fanciulletta di sua terra che faceva grillande di fiori, e recò nell’arte una infinità di<br />

fiori di mille maniere, quasi facendo con lei cui egli amava a gara; et in ultimo dipinse lei con una<br />

grillanda di fiori in mano la quale ella tesseva, e questa tavola fu stimata di grandissimo prezzo, e da<br />

colei che v’era entro dipinta ebbe nome la Grillandatessente; il ritratto della quale di mano d’un<br />

altro buon maestro comperò Lucullo in Atene duoi talenti. Fece questo artefice medesimo alcune<br />

altre opere molto magnifiche, come fu un sacrificio di buoi - del quale se ne adornò in Roma la<br />

loggia di Pompeo Magno -, all’eccellenza della quale opera et all’invenzione si sono provati<br />

d’arrivare molti, ma niuno vi aggiunse giamai. Egli primieramente volendo mostrare con bella arte<br />

la grandezza d’un bue, lo dipinse non per lo lungo, ma in iscorcio et in tal maniera che la lunghezza<br />

vi appariva giustissima; e poi, conciosiaché tutti coloro che vogliono far parere in piano alcuna cosa<br />

di rilievo adoperino color chiaro e bruno mescolandoli insieme con certa ragione e proporzione, egli<br />

lo dipinse tutto di color bruno, e del medesimo fece apparir l’ombre del corpo: grande arte<br />

certamente nel piano far parere le cose di rilievo, e nel rotto intere. Visse costui in Sicione, che<br />

lungo tempo fu [II. XVII] questa terra quasi la casa della pittura et onde tutte le nobili tavole, che<br />

molte ve ne ebbe per debito del comune pegnorate, furono poi portate a Roma da Scauro edile per<br />

adornare nella sua magnifica festa il Foro Romano.<br />

Dopo questo Pausia, Eufranore da Ismo avanzò tutti gli altri di sua età - e visse intorno agli anni<br />

della olimpiade 124 che batte intorno a l’anno di Roma 430 -, avengaché egli lavorasse anco in<br />

marmo, in metallo et in argento colossi et altre figure, ché fu molto agevole ad imprendere<br />

qualunche si fusse di queste arti, ma bene le esercitava con molta fatica; et in tutte fu ugualmente<br />

lodato. Ebbe vanto d’essere il primo che alle imagini degli eroi desse tale maestà quale a quegli si<br />

conviene, e che nelle sue figure usasse ottimamente le proporzioni, comeché nel fare i corpi alle sue<br />

figure paresse un poco sottile e ne’ capi e nelle mani maggior del dovere. L’opere di lui più lodate<br />

sono una battaglia di cavalieri, dodici Dei, un Teseo, sopra il quale soleva dire il suo essere pasciuto<br />

di carne e quel di Parrasio di rose. Vedevasi del medesimo a Efeso una tavola molto nobile dove era<br />

Ulisse, il quale fingendosi stolto metteva a giogo un bue et un cavallo, e Palamede che nascondeva<br />

la spada in un fascio di legne.<br />

Al medesimo tempo fu Ciclia, una tavola di cui contenente gli Argonauti comperò Ortensio oratore,<br />

credo, quarantaquattro talenti, et a questa sola a Tuscolo sua villa fabricò una cappelletta. Di<br />

Eufranore fu discepolo Antidoto, di cui si diceva essere in Atene uno con lo scudo in atto di<br />

combattere, uno che giocava alla lotta, uno che sonava il flauto, lodati eccessivamente. Fu costui<br />

per sé chiaro assai, ma molto più per essere stato suo discepolo Nicia Ateniese, quegli che così bene<br />

dipinse le femmine, et il chiaro e lo scuro nelle sue opere così bene rassembrò di maniera che le<br />

opere di lui tutte parevano nel piano rilevate, nel che egli si sforzò e valse molto. L’opere di costui<br />

molto chiare furono una Nemea la quale a Roma da Sillano fu portata d’Asia, medesimamente un<br />

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