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Le Vite - Fondazione Memofonte

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onde tutti d’uno stesso volere ne presono una più ricca. Alla quale risolutosi, disse loro<br />

Michelagnolo che, se conducevano a fine quel disegno, che né Romani né Greci mai ne’ tempi loro<br />

feciono una cosa tale: parole che né prima né poi usciron mai di bocca a Michelagnolo, perché era<br />

modestissimo. Finalmente conclusero che l’ordinazione fussi tutta di Michelagnolo e le fatiche<br />

dello esseguire detta opera fussi di Tiberio, che di tutto si contentorono, promettendo loro che egli<br />

gli servirebbe benissimo; e così, dato la pianta a Tiberio, che la riducessi netta e disegnata giusta, gli<br />

ordinò i profili di fuori e di drento, e che ne facessi un modello di terra, insegnandogli il modo da<br />

condurlo che stessi in piedi. In dieci giorni condusse a Tiberio il modello di otto palmi, del quale,<br />

piaciuto assai a tutta la nazione, ne feciono poi fare un modello di legno, che è oggi nel Consolato<br />

di detta nazione: cosa tanto rara, [II. 772] quanto tempio nessuno che si sia mai visto, sì per la<br />

bellezza, ricchezza e gran varietà sua; del quale fu dato principio e speso scudi 5000, che, mancato a<br />

quella fabbrica gli assegnamenti, è rimasta così, ch’e’ n’ebbe grandissimo dispiacere. Fece allogare<br />

a Tiberio con suo ordine a Santa Maria Maggiore una cappella cominciata per il cardinale di Santa<br />

Fiore, restata imperfetta per la morte di quel cardinale e di Michelagnolo e di Tiberio, che fu di quel<br />

giovane grandissimo danno.<br />

Era stato Michelagnolo anni 17 nella fabbrica di San Pietro, e più volte i Deputati l’avevon voluto<br />

levare da quel governo; e non essendo riuscito loro, andavano pensando, ora con questa stranezza et<br />

ora con quella, opporsegli a ogni cosa, che per istracco se ne levassi, essendo già tanto vecchio che<br />

non poteva più. Ove essendovi per soprastante Cesare da Castel Durante, che in que’ giorni si morì,<br />

Michelagnolo, perché la fabbrica non patissi, vi mandò, per fino che trovassi uno a modo suo, Luigi<br />

Gaeta, troppo giovane ma suffizientissimo. E’ Deputati, una parte de’ quali molte volte avevon fatto<br />

opera di mettervi Nanni di Baccio Bigio, che gli stimolava e prometteva gran cose, per potere<br />

travagliare le cose della fabbrica a lor modo, mandoron via Luigi Gaeta: il che inteso Michelagnolo,<br />

quasi sdegnato, non voleva più capitare alla fabbrica; dove e’ cominciorono a dar nome fuori ch’e’<br />

non poteva più, che bisognava dargli un sustituto, e che egli aveva detto che non voleva impacciarsi<br />

più di San Piero. Tornò tutto agli orecchi di Michelagnolo, il quale mandò Daniello Ricciarelli da<br />

Volterra al vescovo Ferratino, uno de’ soprastanti, che aveva detto al cardinale di Carpi che<br />

Michelagnolo aveva detto a un suo servitore che non voleva impacciarsi più della fabbrica; che tutto<br />

Daniello disse non essere questa la voluntà di Michelagnolo. Dolendosi il Ferratino che egli non<br />

conferiva il concetto suo e che era bene che dovessi mettervi un sostituto, e volentieri arebbe<br />

accettato Daniello, il quale pareva che si contentassi Michelagnolo. Dove fatto intendere a’ Deputati<br />

in nome di Michelagnolo che avevono un sustituto, presentò il Ferratino non Daniello, ma in<br />

cambio suo Nanni Bigio; che entrato drento et accettato da’ soprastanti, non andò guari che, dato<br />

ordine di fare un ponte di legno dalla parte delle stalle del Papa, dove è il monte, per salire sopra la<br />

nicchia grande che volta a quella parte, fe’ mozzare alcune travi grosse di abeto, dicendo che si<br />

consumava nel tirare su la roba troppi canapi, che era meglio il condurla per quella via. Il che inteso<br />

Michelagnolo, andò subito dal Papa, e romoreggiando, perché era sopra la piazza di Campidoglio,<br />

lo fe’ sùbito andare in camera, dove disse: “Gli è stato messo, Padre Santo, per mio sostituto da’<br />

Deputati uno che io non so chi egli sia; però, se conoscevano loro e la Santità Vostra che io non sia<br />

più ‘l caso, io me ne tornerò a riposare a Fiorenza, dove goderò quel gran Duca che m’ha tanto<br />

desiderato e finirò la vita in casa mia: però vi chieggo buona licenzia”. Il Papa n’ebbe dispiacere, e<br />

con buone parole confortandolo gli ordinò che dovessi venire a parlargli il giorno lì in Araceli;<br />

dove, fatto ragunare i Deputati della fabbrica, volse intendere le cagioni di quello che era seguito.<br />

Dove fu risposto da loro che la fabbrica rovinava e vi si faceva degli errori. Il che avendo inteso il<br />

Papa non essere il vero, comandò al signor Gabrio Scerbellone che dovessi andare a vedere in sulla<br />

fabbrica [II. 773], e che Nanni, che proponeva queste cose, gliele mostrassi; che ciò fu eseguito. E<br />

trovato il signor Gabrio esser ciò tutta malignità e non essere vero, fu cacciato via con parole poco<br />

oneste di quella fabbrica in presenza di molti signori, rimproverandogli che per colpa sua rovinò il<br />

ponte Santa Maria, e che in Ancona, volendo con pochi danari far gran cose, “per nettare il porto lo<br />

riempiesti più in un dì che non fece il mare in dieci anni”. Tale fu il fine di Nanni per la fabbrica di<br />

San Piero; per la quale Michelagnolo di continuo non attese mai a altro, in 17 anni, che fermarla per

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