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Le Vite - Fondazione Memofonte

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medesimo anche Efestione, molto intrinseco d’Alessandro, la qual figura alcuni crederono che fusse<br />

di mano di Policleto, ma s’ingannarono, perciò che Policleto fu forse cento anni inanzi ad<br />

Alessandro. Il medesimo fece quella caccia di Alessandro la quale poi fu consacrata a Delfo nel<br />

tempio di Apollo. Fece inoltre in Atene una schiera di Satiri. Ritrasse con arte meravigliosa,<br />

rassembrandoli vivi, Alessandro Magno e tutti li amici suoi, le quale figure Metello, poi che ebbe<br />

vinta la Macedonia, fece traportare a Roma. Fece ancora carri con quattro cavagli in molte maniere.<br />

E si tiene per certo che egli arrecasse a questa arte molta perfezzione: e nei capegli, i quali ritrasse<br />

molto meglio che non avevano fatto i più antichi, e nelle teste, le quali egli fece molto minori di<br />

loro. Fece anco i corpi più assettati e più sottili di maniera che la grandezza nelle statue n’appariva<br />

più lunga, nelle quali egli osservò sempre maravigliosa proporzione partendosi dalla grossezza degli<br />

antichi; e soleva dire che innanzi a lui i maestri di cotale arte avevano fatto le figure secondo che<br />

elle erano, et egli secondo che le parevano. Fu proprio di questo artefice in tutte quante le opere sue<br />

osservare ogni sottigliezza con grandissima diligenza e grazia.<br />

Rimasero di lui alcuni figliuoli, chiari in questa arte medesima, e sopra li altri Euticrate al quale più<br />

piacque la fermezza del padre che la leggiadria, e s’ingegnò più di piacere nel grave e nel severo<br />

che nel dolce e nel piacevole dilettare, dove il padre massimamente fu celebrato. Di costui fu in<br />

gran nome l’Ercole che era a Delfo, et Alessandro cacciatore, e la battaglia de’ Tespiensi, et un<br />

ritratto di Trofonio al suo oracolo. Ebbe per discepolo Tisicrate, anch’esso da Sicione, e s’aprese<br />

molto alla maniera di Lisippo, talmente che alcune figure apena si riconosceva[II. XXVII]no se le<br />

erano dell’uno o dell’altro maestro, come fu un vecchio tebano, Demetrio re, Peuceste - quello che<br />

campò in battaglia e difese Alessandro Magno. E furono questi cotali cotanto stimati et in tanto<br />

pregio tenuti che chi ha scritto di cotali cose gli loda eccessivamente; come anco un Telefane<br />

Foceo, il quale per altro non fu apena conosciuto, perciò che in Tessaglia, là dove egli era quasi<br />

sempre vivuto, l’opere sue erano state sepolte; nondimeno, per giudizio di alcuni scrittori, fu posto a<br />

paro di Policleto e di M[i]rone e di Pitagora. E molto lodata di lui una Larissa, uno Apollo et un<br />

campione vincitore a tutti i cinque giuochi. Alcuni dissero che egli non è stato in bocca de’ Greci<br />

però che egli si diede a lavorare in tutto per Dario e per Xerse, re barbari, e che nei loro regni finì la<br />

vita.<br />

Prassitele ancora, avvengaché nel lavorare in marmo, come poco poi diremo, fusse tenuto maggior<br />

maestro e per ciò vi abbi avuto drento gran nome, nondimeno lavorò anche in bronzo molto<br />

eccessivamente, come ne fece fede la rapina di Proserpina fatta da lui, e l’Ebrietà, et uno Bacco et<br />

un Satiro insieme di sì maravigliosa bellezza che si chiamò il Celebrato, et alcune altre figure le<br />

quali erano a Roma nel tempio della Felicità, et una bella Venere la quale al tempo di Claudio<br />

imperadore, ardendo il tempio, si guastò, la quale era a nulla altra seconda. Fece molte altre figure<br />

lodate, et Armodio et Aristigitone che in Atene uccisero il tiranno - le quali figure avendosele Xerse<br />

di Grecia portate nel regno suo, Alessandro, poi che ebbe vinto la Persia, le rimandò graziosamente<br />

agli Ateniesi -, et inoltre uno Apollo giovinetto che con l’arco teso stava per trarre a una lucertola la<br />

quale li veniva incontro, e da quello atto ebbe nome la figura che si chiamò “Lucertola-uccidente”.<br />

Vidonsi di lui parimente due bellissime figure, l’una rassembrante una onesta mogliera che<br />

piangeva e l’altra una femmina di mondo che rideva (e’ si crede che questa fusse quella Frine<br />

famosissima meretrice), e nel volto di quella onesta donna pareva l’amore che ella portava al marito<br />

et in quello della disonesta femmina l’ingordo prezzo che ella chiedeva agli amanti. Pare che anco<br />

fusse ritratta la cortesia di questo artefice in quel carro de’ quattro cavagli che fece Calamide<br />

cotanto celebrato, perciò che questo artefice in formar cavagli non trovò mai pare, ma nel fare le<br />

figure umane non fu tanto felice. Egli adunque a l’opera di Calamide la quale era imperfetta diede il<br />

compimento, aggiugnendovi il guidator de’ cavagli di arte maravigliosa.<br />

Fu anco molto chiaro in questa arte uno Ificle, il quale, oltre ad altre figure, fece a nome degli<br />

Ateniesi una bella liona con questa occasione. Era in Atene una femmina chiamata Liona molto<br />

familiare di Aristogitone e di Armodio per conto di amore, i quali in Atene uccidendo il tiranno<br />

vollono tornare il popolo nella sua libertà. Costei, essendo consapevole della congiura, fu presa, e<br />

con crudelissimi tormenti insino a morte lacerata non confessò mai cosa alcuna di cotal congiura;<br />

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