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Le Vite - Fondazione Memofonte

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canto del giardino dove sono le statue del Nilo e del Tevere, la qual nicchia fece far papa Clemente<br />

Settimo col disegno di Michelagnolo per ornamento d’un fiume antico, acciò in questo campo fatto<br />

a guisa di scogli apparisce, come veramente fa, molto bello. Di questa pietra si fanno ancora,<br />

segandola, tavole, tondi, ovati et altre cose simili, che in pavimenti e altre forme piane fanno con<br />

l’altre pietre bellissima accompagnatura e molto vago componimento. Questa piglia il pulimento<br />

come il porfido et il serpentino, et ancora si sega come l’altre sorti di pietra dette di sopra; e se ne<br />

trovano in Roma infiniti pezzi sotterrati nelle ruine che giornalmente vengono a luce, e delle cose<br />

antiche se ne sono fatte opere moderne, porte et altre sorti d’ornamenti, che fanno, dove elle si<br />

mettono, ornamento e grandissima bellezza.<br />

Ècci un’altra pietra chiamata mischio dalla mescolanza di diverse pietre congelate insieme e fatto<br />

tutt’una dal tempo e dalla crudezza dell’acque. E di questa sorte se ne trova copiosamente in diversi<br />

luoghi, come ne’ monti di Verona, in quelli di Carrara et in quei di Prato in Toscana, e ne’ monti<br />

dell’Imprunetta nel contado di Firenze. Ma i più begli e ‘ migliori si sono trovati, non ha molto, a<br />

San Giusto a Monterantoli, lontano da Fiorenza cinque miglia, e di questi me n’ha fatto il signor<br />

duca Cosimo ornare tutte le stanze nuove del Palazzo in porte e camini, che sono riusciti molto<br />

belli; e per lo giardino de’ Pitti se ne sono del medesimo luogo cavate colonne di braccia [I. 14]<br />

sette, bellissime, et io resto maravigliato che in questa pietra si sia trovata tanta saldezza. Questa<br />

pietra, perché tiene d’alberese, piglia bellissimo pulimento e trae in colore di paonazzo rossigno,<br />

macchiato di vene bianche e giallicce. Ma le più fini sono nella Grecia e nell’Egitto, dove son molto<br />

più duri che i nostri italiani; e di questa ragion pietra se ne trova di tanti colori quanto la natura lor<br />

madre s’è di continuo dilettata e diletta di condurre a perfezione. Di questi sì fatti mischî se ne<br />

veggono in Roma ne’ tempi nostri opere antiche e moderne, come colonne, vasi, fontane, ornamenti<br />

di porte, e diverse incrostature per gli edifici e molti pezzi ne’ pavimenti. Se ne vede diverse sorti di<br />

più colori: chi tira al giallo et al rosso, alcuni al bianco et al nero, altri al bigio et al bianco pezzato<br />

di rosso e venato di più colori; così certi rossi, verdi, neri e bianchi, che sono orientali, e di questa<br />

sorte pietra n’ha un pilo antichissimo largo braccia quattro e mezzo il signor Duca al suo giardino<br />

de’ Pitti, che è cosa rarissima, per esser, come s’è detto, orientale di mischio billissimo e molto duro<br />

a lavorarsi. E cotali pietre sono tutte di specie più dura e più bella di colore e più fine, come ne<br />

fanno fede oggi due colonne di braccia dodici di altezza nella entrata di San Pietro di Roma, le quali<br />

reggono le prime navate, et una n’è da una banda, l’altra dall’altra. Di questa sorte quella ch’è ne’<br />

monti di Verona è molto più tenera che l’orientale infinitamente, e ne cavano in questo luogo d’una<br />

sorte ch’è rossiccia e tira in color ceciato; e queste sorti si lavorano tutte bene a’ giorni nostri con le<br />

tempere e co’ ferri sì come le pietre nostrali, e se ne fa e finestre e colonne e fontane e pavimenti e<br />

stipidi per le porte e cornici, come ne rende testimonanza la Lombardia, anzi tutta la Italia.<br />

Trovasi un’altra sorte di pietra durissima, molto più ruvida e picchiata di neri e bianchi e talvolta di<br />

rossi, dal tiglio e dalla grana di quella comunemente detta granito, della quale si truova nello Egitto<br />

saldezze grandissime e da cavarne altezze incredibili, come oggi si veggono in Roma negli<br />

obelischi, aguglie, piramidi, colonne et in que’ grandissimi vasi de’ bagni che abbiamo a San Piero<br />

in Vincola et a San Salvatore del Lauro et a San Marco, et in colonne quasi infinite che per la<br />

durezza e saldezza loro non hanno temuto fuoco né ferro, et il tempo istesso che tutte le cose caccia<br />

a terra non solamente non le ha distrutte, ma né pur cangiato loro il colore. E per questa cagione gli<br />

Egizzii se ne servivano per i loro morti, scrivendo in queste aguglie, coi caratteri loro strani, la vita<br />

de’ grandi per mantener la memoria della nobiltà e virtù di quegli.<br />

Venivane d’Egitto medesimamente d’una altra ragione bigio, il quale trae più in verdiccio i neri et i<br />

picchiati bianchi, molto duro certamente, ma non sì che i nostri scarpellini per la fabrica di San<br />

Pietro non abbiano, delle spoglie che hanno trovato messe in opera, fatto sì che, con le tempere de’<br />

ferri che ci sono al presente, hanno ridotto le colonne e l’altre cose a quella sottigliezza ch’ànno<br />

voluto e datoli bellissimo pulimento come al porfido. Di questo granito bigio è dotata la Italia in<br />

molte parti, ma le maggiori saldezze che si trovino sono nell’isola dell’Elba, dove i Romani tennero<br />

di continuo uomini a cavare infinito numero di questa pietra; e di questa sorte ne sono parte le<br />

colonne del portico della Ritonda, le quali son molte belle e di grandezza straordinaria. E vedesi che<br />

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