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Le Vite - Fondazione Memofonte

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l’ombre più crude, si venne a levare via quel buono che faceva l’opera perfetta. Il che avendo poi<br />

inteso il Tribolo dallo stesso Giuliano, si rise della dapoca semplicità di quell’uomo: il quale<br />

finalmente diede finita l’opera in modo che non si conosce che Michelagnolo la guardasse mai.<br />

In ultimo Giuliano, essendo vecchio e povero, e facendo pochissimi lavori, si messe a una strana et<br />

incredibile fatica per fare una Pietà in un tabernaco[II. 457]lo che aveva a ire in Ispagna, di figure<br />

non molto grandi; e la condusse con tanta diligenza, che pare cosa strana a vedere che un vecchio di<br />

quell’età avesse tanta pacienzia in fare una sì fatta opera per l’amore che all’arte portava. Ne’<br />

portelli del detto tabernacolo, per mostrare le tenebre che furono nella morte del Salvatore, fece una<br />

Notte in campo nero, ritratta da quella che è nella Sagrestia di San Lorenzo di mano di<br />

Michelagnolo. Ma perché non ha quella statua altro segno che un barbagianni, Giuliano, scherzando<br />

intorno alla sua pittura della Notte, con l’invenzione de’ suoi concetti, vi fece un frugnuolo da<br />

uccellare a’ tordi la notte, con la lanterna, un pentolino di quei che si portano la notte con una<br />

candela o mòccolo, con altre cose simili e che hanno che fare con le tenebre e col buio, come dire<br />

berrettini, cuffie, guanciali e pipistregli. Onde il Buonarruoto, quando vide quest’opera, ebbe a<br />

smascellare delle risa, considerando con che strani capricci aveva il Bugiardino arricchita la sua<br />

Notte.<br />

Finalmente, essendo sempre stato Giuliano un uomo così fatto, d’età d’anni settantacinque si morì,<br />

e fu sepellito nella chiesa di San Marco di Firenze, l’anno 1556. Raccontando una volta Giuliano al<br />

Bronzino d’avere veduta una bellissima donna, poi che l’ebbe infinitamente lodata, disse il<br />

Bronzino: “Conoscetela voi?”. “Non, - rispose - ma è bellissima; fate conto ch’ella sia una pittura di<br />

mia mano, e basta”.<br />

VITA DI CRISTOFANO GHERARDI DETTO DOCENO<br />

DAL BORGO SAN SEPOLCRO<br />

Pittore<br />

[II. 458] Mentre che Raffaello dal Colle del Borgo San Sepolcro, il quale fu discepolo di Giulio<br />

Romano e gli aiutò lavorare a fresco la sala di Gostantino nel palazzo del Papa in Roma, et in<br />

Mantoa le stanze del T, dipigneva, essendo tornato al Borgo, la tavola della cappella di San Gilio et<br />

Arcanio, nella quale fece, imitando esso Giulio e Raffaello da Urbino, la Ressurrezzione di Cristo,<br />

che fu opera molto lodata, et un’altra tavola d’un’Assunta ai frati de’ Zoccoli fuor del Borgo, et<br />

alcun’altre opere per i frati de’ Servi a Città di Castello; mentre, dico, Raffaello queste et altre opere<br />

lavorava nel Borgo sua patria, acquistandosi ricchezze e nome, un giovane d’anni sedici, chiamato<br />

[II. 459] Cristofano e per sopranome Doceno, figliuolo di Guido Gherardi, uomo d’orrevole<br />

famiglia in quella città, attendendo per naturale inclinazione con molto profitto alla pittura,<br />

disegnava e coloriva così bene e con tanta grazia che era una maraviglia. Per che, avendo il<br />

sopradetto Raffaello veduto di mano di costui alcuni animali come cani, lupi, lepri e varie sorti<br />

d’uccelli, e pesci molto ben fatti, e vedutolo di dolcissima conversazione e tanto faceto e<br />

motteggevole, comeché fusse astratto nel vivere e vivesse quasi alla filosofica, fu molto contento<br />

d’avere sua amistà e che gli praticasse per imparare in bottega. Avendo dunque sotto la disciplina di<br />

Raffaello disegnato Cristofano alcun tempo, capitò al Borgo il Rosso, col quale avendo fatto<br />

amicizia et avuto de’ suoi disegni, studiò Doceno sopra quelli con molta diligenza, parendogli<br />

(come quelli che non aveva veduto altri che di mano di Raffaello) che fussino, come erano in vero,<br />

bellissimi. Ma cotale studio fu da lui interrotto; perché andando Giovanni de’ Turrini dal Borgo,<br />

allora capitano de’ Fiorentini, con una banda di soldati Borghesi e da Città di Castello alla guardia<br />

di Firenze assediata dall’esercito imperiale e di papa Clemente, vi andò fra gl’altri soldati

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