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Le Vite - Fondazione Memofonte

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Essendo poi tornato Giovanni a Firenze in quel tempo che si finì di serrare l’arco di mezzo del<br />

Ponte a S. Trinita, dipinse in una cappella, fatta sopra una pila e intitolata a S. Michelagnolo, dentro<br />

e fuori molte figure, e particolarmente tutta la facciata dinanzi; la qual capella insieme col ponte dal<br />

diluvio dell’anno 1557 fu portata via Mediante le quali opere vogliono alcuni, oltre a quello che si è<br />

detto di lui nel principio, ch’e’ fusse poi sempre chiamato Giovanni dal Ponte. In Pisa ancora l’anno<br />

1355 fece in San Paulo a Ripa d’Arno alcune storie a fresco nella capella maggiore dietro all’altare,<br />

oggi tutte guaste dall’umido e dal tempo. È parimente opera di Giovanni in Santa Trinita di<br />

Fiorenza la capella degli Scali e un’altra che è allato a quella, e una delle storie di San Paulo<br />

accanto alla capella maggiore dov’è il sepolcro di maestro Paulo strolago. In Santo Stefano al Ponte<br />

Vecchio fece una tavola, et altre pitture a tempera et in fresco per Fiorenza e fuori che gli diedero<br />

credito assai. Contentò costui gl’amici suoi, ma più nei piaceri che nell’opere, e fu amico delle<br />

persone letterate e particolarmente di tutti quelli che per venire eccellenti nella sua professione<br />

frequentavano gli studii di quella: e se bene non aveva cercato d’avere in sé quello che desiderava<br />

in altrui, non restava però di confortar gli altri a virtuosamente operare. Essendo finalmente<br />

Giovanni vivuto LIX anni, di mal di petto in pochi giorni uscì di questa vita, nella quale, poco più<br />

che dimorato fusse, averebbe patito molti incommodi, essendogli appena rimaso tanto in casa che<br />

bastasse a dargli onesta sepoltura in Santo Stefano dal Ponte Vecchio. Furono l’opere sue intorno al<br />

MCCCLXV.<br />

Nel nostro libro de’ disegni di diversi antichi e moderni è un disegno d’acquerello di mano di<br />

Giovanni, dove è un San Giorgio a cavallo che occide il serpente et un’ossatura di morto che fanno<br />

fede del modo e maniera che aveva costui nel disegnare.<br />

Il fine della Vita di Giovanni.<br />

[I. 195]<br />

VITA D’AGNOLO GADDI<br />

Pittor Fiorentino<br />

Di quanto onore e utile sia l’essere eccellente in un’arte nobile, manifestamente si vide nella virtù e<br />

nel governo di Taddeo Gaddi, il quale, essendosi procacciato con la industria e fatiche sue oltre al<br />

nome bonissime faccultà, lasciò in modo accomodate le cose della famiglia sua quando passò<br />

all’altra vita, che agevolmente potettono Agnolo e Giovanni suoi figliuoli dar poi principio a<br />

grandissime ricchezze et all’esaltazione di casa Gaddi, oggi in Fiorenza nobilissima e in tutta la<br />

cristianità molto reputata. E di vero è ben stato ragionevole - avendo ornato Gaddo, Taddeo, Agnolo<br />

e Giovanni colla virtù e con l’arte loro mol[I. 196]te onorate chiese - che siano poi stati i loro<br />

successori dalla S. Chiesa Romana e da’ Sommi Pontefici di quella ornati delle maggiori dignità<br />

ecclesiastiche.<br />

Taddeo dunque, del quale avemo di sopra scritto la Vita, lasciò Agnolo e Giovanni suoi figliuoli in<br />

compagnia di molti suoi discepoli, sperando che particolarmente Agnolo dovesse nella pittura<br />

eccellentissimo divenire; ma egli, che nella sua giovanezza mostrò volere di gran lunga superare il<br />

padre, non riuscì altramente secondo l’openione che già era stata di lui conceputa, perciò che<br />

essendo nato et alevato negl’agi, che sono molte volte d’impedimento agli studii, fu dato più ai<br />

traffichi e alle mercanzie che all’arte della pittura. Il che non ci dee né nuova né strana cosa parere,<br />

attraversandosi quasi sempre l’avarizia a molti ingegni, che ascenderebbono al colmo delle virtù, se<br />

il desiderio del guadagno negl’anni primi e migliori non impedisse loro il viaggio.<br />

Lavorò Agnolo nella sua giovanezza in Fiorenza, in S. Iacopo tra’ Fossi, di figure poco più d’un<br />

braccio un’istorietta di Cristo quando resuscitò Laz[z]ero quatriduano, dove immaginatosi la<br />

corruzzione di quel corpo stato morto tre dì, fece le fasce che lo tenevano legato macchiate dal<br />

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