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Le Vite - Fondazione Memofonte

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istessa, poi posti nel fornello, il quale a fuoco lento a poco a poco riscaldato, venga a infocarsi la<br />

cenere e i vetri, per che i colori che vi sono su infocati inrugginiscono e scorrono e fanno la presa<br />

sul vetro. Et a questo cuocere bisogna usare grandissima diligenza, perché il troppo fuoco violento<br />

li farebbe crepare et il poco non li cocerebbe. Né si debbono cavare finché la padella o teg[g]hia<br />

dove e’ sono non si vede tutta di fuoco, e la cenere con alcuni saggi sopra, che si vegga quando il<br />

colore è scorso. Fatto ciò, si buttano i piombi in certe forme di pietra o di ferro, i quali hanno due<br />

canali, cioè da ogni lato uno, dentro al quale si commette e serra il vetro, e si piallano e diriz[z]ano<br />

e poi su una tavola si conficcano, et a pezzo per pezzo s’impiomba tutta l’opera in più quadri, e si<br />

saldano tutte le commettiture de’ piombi con saldatoi di stagno; et in alcune traverse dove vanno i<br />

ferri si mette fili di rame impiombati, acciò ch’e’ possino reggere e legare l’opra; la quale s’arma di<br />

ferri che non siano al dritto delle figure, ma torti secondo le commettiture di quelle, a cagione che e’<br />

non impedischino il vederle. Questi si mettono con inchiovature ne’ ferri che reggono il tutto, e non<br />

si fanno quadri ma tondi, acciò impedischino manco la vista; e da la banda di fuori si mettono alle<br />

finestre e ne’ buchi delle pietre s’impiombano, e con fili di rame, che ne’ piombi delle finestre<br />

saldati siano a fuoco, si legano fortemente. E perché i fanciulli o altri impedimenti non le guastino,<br />

vi si mette dietro una rete di filo di rame sottile. <strong>Le</strong> quali opre, se non fossero in materia troppo<br />

frangibile, durerebbono al mondo infinito tempo. Ma per questo non resta che l’arte non sia<br />

difficile, artificiosa e bellissima.<br />

Cap. XXXIII<br />

Del niello e come per quello abbiamo le stampe di rame; e come s’intaglino gl’argenti per fare gli<br />

smalti di basso rilievo e similmente si ceselino le grosserie.<br />

Il niello, il quale non è altro che un disegno tratteggiato e dipinto su lo argento come si dipigne e<br />

tratteggia sottilmente con la penna, fu trovato dagli orefici fino al tempo degli antichi, essendosi<br />

veduti cavi co’ ferri ripieni di mistura negli ori et argenti loro. Questo si disegna con lo stile su lo<br />

argento che sia piano e s’intaglia col bulino, che è un ferro quadro tagliato a unghia da l’uno degli<br />

angoli a l’altro per isbieco, che così calando verso uno de’ canti lo fa più acuto e tagliente da’ due<br />

lati e la punta di esso scorre e sottilissimamente intaglia. Con questo si fanno tutte le cose che sono<br />

intagliate ne’ metalli per riempierle o per lasciarle vòte, secondo la volontà dell’artefice. Quando<br />

hanno dunque intagliato e finito col bulino, pigliano argento e piombo e fanno di esso al fuoco una<br />

cosa che incorporata insieme è nera di colore e frangibile molto e sottilissima a scorrere. Questa si<br />

pesta e si pone sopra la piastra dell’argento dov’è l’intaglio, il qual è necessario che sia bene pulito,<br />

et accostatolo a fuoco di legne verdi, soffiando co’ mantici si fa che i raggi di quello percuotino<br />

dove è il niello; il quale per la virtù del calore fondendosi e scorrendo, riempie tutti gli intagli che<br />

aveva fatti il bulino. Appresso, quando l’argento è raffreddo, si va diligentemente co’ raschiatoi<br />

levando il superfluo e con la pomice appoco appoco si consuma, fregandolo e con le mani e con un<br />

cuoio tanto che e’ si truovi il vero piano e che il tutto resti pulito. Di questo lavoro<br />

mirabilissimamente Maso Finiguerra fiorentino, il quale fu raro in questa professione, come ne<br />

fanno fede alcune paci di niello in San Giovanni di Fiorenza che sono tenute mirabili.<br />

Da questo intaglio di bulino son derivate le stampe di rame, onde tante carte e italiane e tedesche<br />

veggiamo oggi per tutta Italia; che sì come negli argenti s’improntava, anzi che fussero ripieni di<br />

niello, di terra e si buttava di zolfo, così gli stampatori trovarono il modo del fare le carte su le<br />

stampe di rame col torculo, come oggi abbiam veduto da essi imprimersi.<br />

Ècci un’altra sorte di lavori in argento o in oro, comunemente chiamata smalto, che è spezie di<br />

pittura mescolata con la scultura, e serve dove si mettono l’acque, sì che gli smalti restino in fondo.<br />

Questa, dovendosi lavorare in su l’oro, ha bisogno d’oro finissimo, et in su l’argento, argento<br />

almeno a lega di giulii. Et è necessario questo modo perché lo smalto ci possa restare e non<br />

iscorrere altrove che nel suo luogo: bisogna lasciarli i profili d’argento, che di sopra sian sottili e<br />

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