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Le Vite - Fondazione Memofonte

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sotto intessute di castagni e querce e di altre buone materie; et in cambio di piote prese mattoni<br />

crudi fatti con capec[c]hio e sterco di bestie, spianati con somma diligenzia. E perciò fu mandato<br />

dalla Signoria di Firenze a Ferrara a vedere le fortificazioni del duca Alfonso Primo, e così le sue<br />

artiglierie e munizioni; ove ricevé molte cortesie da quel signore, che lo pregò che gli facessi a<br />

comodo suo qualche cosa di sua mano, che tutto gli promesse Michelagnolo. Il quale tornato,<br />

andava del continuo anco fortificando la città, e benché avessi questi impedimenti, lavorava<br />

nondimeno un quadro d’una <strong>Le</strong>da per quel Duca, colorito a tempera di sua mano, che fu cosa<br />

divina, come si dirà a suo luogo, e le statue per le sepolture di San Lorenzo segretamente. Stette<br />

Michelagnolo ancora in questo tempo sul monte di San Miniato forse sei mesi per sollecitare quella<br />

fortificazione del monte, perché, se ‘l nemico se ne fussi impadronito, era perduta la città; e così con<br />

ogni sua diligenza seguitava queste imprese.<br />

Et in questo tempo seguitò in detta Sagrestia l’opera; che di quella restarono, parte finite e parte no,<br />

sette statue, nelle quali, con le invenzioni dell’architettura delle sepolture, è forza confessare che<br />

egli abbia avanzato ogni uomo in queste tre professioni. Di che ne rendono ancora testimonio quelle<br />

statue che da lui furono abozzate e finite di marmo, che in tal luogo si veggono. L’una è la Nostra<br />

Donna, la quale, nella sua attitudine sedendo, manda la gamba ritta adosso alla manca con posar<br />

ginocchio sopra ginocchio, et il Putto, inforcando le cosce in su quella che è più alta, si storce con<br />

attitudine bellissima inverso la madre chiedendo il latte, et ella, con tenerlo con una mano e con<br />

l’altra apog[g]iandosi, si piega per dargliene: ancora che non siano finite le parti sue, si conosce,<br />

nell’essere rimasta abozzata e gradinata, nella imperfezione della bozza la perfezzione dell’opera.<br />

Ma molto più fece stupire ciascuno che, considerando, nel fare le sepolture del duca Giuliano e del<br />

duca Lorenzo de’ Medici, egli pensassi che non solo la terra fussi per la grandezza loro bastante a<br />

dar loro onorata sepoltura, ma volse che tutte le parti del mondo vi fossero, e che gli mettessero in<br />

mezzo e coprissero il lor sepolcro quattro statue: a uno pose la Notte et il Giorno, a l’altro l’Aurora<br />

et il Crepuscolo. <strong>Le</strong> quali statue sono con bellissime forme di attitudini et artificio di muscoli<br />

lavorate, bastanti, se l’arte perduta fosse, a ritornarla nella pristina luce. Vi son fra l’altre statue que’<br />

due Capitani armati, l’uno il pensoso duca Lorenzo nel sembiante della saviezza, con bellissime<br />

gambe talmente fatte che occhio non può veder meglio; l’altro è il duca Giuliano, sì fiero, con una<br />

testa e gola, con incassatura di occhi, profilo di naso, sfenditura di bocca, e capegli sì divini, mani,<br />

braccia, ginoc[c]hia e piedi; et insomma tutto quello che quivi fece è da fare che gli occhi né<br />

stancare né saziare vi si possono già mai. Veramente, chi risguarda la bellezza de’ calzari e della<br />

corazza, celeste lo crede e non mortale. Ma che dirò io dell’Aurora, femina ignuda e da fare uscire il<br />

maninconico dell’animo e smarire lo stile alla scultura? Nella quale attitudine si co[II. 741]nosce il<br />

suo sollecito levarsi sonacchiosa, svilupparsi dalle piume, perché pare che nel destarsi ella abbia<br />

trovato serrato gli occhi a quel gran Duca; onde si storce con amaritudine, dolendosi nella sua<br />

continovata bellezza in segno del gran dolore. E che potrò io dire della Notte, statua non rara ma<br />

unica? Chi è quello che abbia per alcun secolo in tale arte veduto mai statue antiche o moderne così<br />

fatte? conoscendosi non solo la quiete di chi dorme, ma il dolore e la malinconia di chi perde cosa<br />

onorata e grande. Credasi pure che questa sia quella Notte la quale oscuri tutti coloro che per alcun<br />

tempo nella scultura e nel disegno pensavano, non dico di passarlo, ma di paragonarlo già mai.<br />

Nella qual figura quella sonnolenza si scorge che nelle imagini adormentate si vede. Per che da<br />

persone dottissime furono in lode sua fatti molti versi latini e rime volgari, come questi, de’ quali<br />

non si sa l’autore:<br />

La Notte, che tu vedi in sì dolci atti<br />

Dormir, fu da uno Angelo scolpita<br />

In questo sasso: e, perché dorme, ha vita.<br />

Destala, se nol credi, e parleratti.<br />

A’ quali, in persona della Notte, rispose Michelagnolo così:

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