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Le Vite - Fondazione Memofonte

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statue antiche”. Fu detto a Michelagnolo che doveva risentirsi contro a Nanni di Baccio Bigio,<br />

perché voleva ogni dì competere seco; rispose: “Chi combatte con da pochi, non vince a nulla”. Un<br />

prete suo amico disse: “Gli è peccato che non aviate tolto donna, perché aresti avuto molti figliuoli<br />

e lasciato loro tante fatiche onorate”; rispose Michelagnolo: “Io ho moglie troppa, che è questa arte<br />

che m’ha fatto sempre tribolare, et i miei figliuoli saranno l’opere che io lasserò, che, se saranno da<br />

niente, si viverà un pezzo. E guai a Lorenzo di Bartoluccio Ghiberti, se non faceva le porte di San<br />

Giovanni! perché i figliuoli e ‘ nipoti gli hanno venduto e mandato male tutto quello che lasciò: le<br />

porte sono ancora in piedi”. Il Vasari, mandato da Giulio Terzo a un’ora di notte per un disegno a<br />

casa Michelagnolo, trovò che lavorava sopra la Pietà di marmo che e’ ruppe. Conosciutolo<br />

Michelagnolo al picchiare della porta, si levò dal lavoro e prese in mano una lucerna dal manico;<br />

dove esposto il Vasari quel che voleva, mandò per il disegno Urbino di sopra: et entrati in altro<br />

ragionamento, voltò intanto gli occhi il Vasari a guardare una gamba del Cristo sopra la quale<br />

lavorava e cercava di mutarla; e per ovviare che ‘l Vasari non la vedessi, si lasciò cascare la lucerna<br />

di mano, e rimasti al buio chiamò Urbino che recassi un lume, et intanto, uscito fuori del tavolato<br />

dove ell’era, disse: “Io sono tanto vecchio che spesso la morte mi tira per la cappa, perché io vadia<br />

seco; e questa mia persona cascherà un dì come questa lucerna, e sarà spento il lume della vita”.<br />

Con tutto ciò aveva piacere di certe sorte uomini a suo gusto, come il Menighella, pittore dozzinale<br />

e goffo di Valdarno, che era persona piacevolissima, il quale veniva talvolta a Michelagnolo, che gli<br />

facessi un disegno di San Rocco o di Santo Antonio per dipignere a’ contadini. Michelagnolo, che<br />

era dificile a lavorare per i re, si metteva giù lassando stare ogni lavoro e gli faceva disegni<br />

semplici, accomodati alla maniera e volontà come diceva Menighella: e fra l’altre gli fece fare un<br />

modello d’un Crocifisso, che era bellissimo, sopra il quale vi fece un cavo, e ne formava di cartone<br />

e d’altre mesture, et in contado gli andava vendendo, che Michelagnolo crepava delle risa; massime<br />

che gli intraveniva di bei casi, come con un villano, il quale gli fece dipignere San Francesco, e<br />

dispiaciutoli che ‘l Menighella gli aveva fatto la vesta bigia, che l’arebbe voluta di più bel colore, il<br />

Menighella gli fece in dosso un piviale di broccato e lo contentò.<br />

Amò parimente Topolino scarpellino, il quale aveva fantasia d’essere valente scultore, ma era<br />

debolissimo. Costui stette nelle montagne di Carrara molti anni a mandar marmi a Michelagnolo; né<br />

arebbe mai mandato una scafa carica, che non avessi mandato sopra tre o quattro figurine bozzate di<br />

sua mano, che Michelagnolo moriva delle risa. Finalmente ritornato et avendo bozzato un Mercurio<br />

in un marmo, si messe Topolino a finirlo; et un dì che ci mancava poco, volse Michelagnolo lo<br />

vedessi e strettamente operò li dicessi l’openion sua. “Tu sei un pazzo, Topolino,” gli disse<br />

Michelagnolo, “a volere far figure. Non vedi che a questo Mercurio dalle ginocchia alli piedi ci<br />

manca più di un terzo di braccio, che gli è nano e che tu l’hai storpiato?”. “Oh, questo non è niente:<br />

s’ella non ha altro, io ci rimedierò; lassate fare a me”. Rise di nuovo della semplicità sua Michela[II.<br />

781]gnolo; e partito, prese un poco di marmo Topolino, e tagliato il Mercurio sotto le ginocchia un<br />

quarto, lo incassò nel marmo e lo comesse gentilmente, facendo un paio di stivaletti a Mercurio, che<br />

il fine passava la commettitura, e lo allungò il bisogno; che fatto venire poi Michelagnolo e<br />

mòstrogli l’opera sua, di nuovo rise e si maravigliò che tali goffi, stretti dalla necessità, piglion di<br />

quelle resoluzioni che non fanno i valenti uomini. Mentre che egli faceva finire la sepoltura di<br />

Giulio Secondo, fece a uno squadratore di marmi condurre un termine per porlo nella sepoltura di S.<br />

Piero in Vincola, con dire: “Lieva oggi questo, e spiana qui, pulisci qua”; di maniera che, senza che<br />

colui se n’avedessi, gli fe’ fare una figura. Per che, finita, colui maravigliosamente la guardava;<br />

disse Michelagnolo: “Che te ne pare?” “Parmi bene,” rispose colui, “e v’ho grande obligo”.<br />

“Perché?”, soggiunse Michelagnolo. “Perché io ho ritrovato per mezzo vostro una virtù che io non<br />

sapeva d’averla”.<br />

Ma, per abreviare, dico che la complessione di questo uomo fu molto sana, perché era asciutta e<br />

bene annodata di nerbi; e se bene fu da fanciullo cagionevole e da uomo ebbe dua malattie<br />

d’importanza, soportò sempre ogni fatica e non ebbe difetto; salvo nella sua vecchiezza patì dello<br />

orinare e di renella, che s’era finalmente convertita in pietra; onde per le mani di maestro Realdo<br />

Colombo, suo amicissimo, si siringò molti anni e lo curò diligentemente. Fu di statura mediocre,

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