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Le Vite - Fondazione Memofonte

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ardente fulmine. Ma sopra l’arco del mez[z]o, che adito capace per più di sette braccia di<br />

larghez[z]a e per più di due quadri d’altez[z]a alla trapassante pompa dava, e sopra alla cornice et a’<br />

frontespizii, si vedeva con bella maestà a seder posta quella del valoroso e prudentissimo duca<br />

Cosimo, padre ottimo del fortunatissimo Sposo, con il suo motto a’ piedi anch’egli, che diceva:<br />

PIETATE INSIGNIS ET ARMIS, e con una lupa et un leone che in mezzo lo mettevano, prese per<br />

Fiorenza e per Siena, che, da lui rette et accarez[z]ate, insieme amichevolmente di riposarsi<br />

sembravano. La quale statua si vedeva situata apunto nel fregio e nella dirittura et in mezzo messa<br />

da’ quadri delle descritte imprese, nascendo, per quanto teneva questa larghez[z]a sopra l’ultima<br />

cornice in alto, co’ suoi pilastri proporzionati e cornice et altri abbigliamenti, un altro quadro di<br />

pittura, in cui, alludendo alla creazione del predetto duca Cosimo, molto propriamente si vedeva<br />

figurata l’istoria del giovane Davit quando da Samuel fu unto re, col suo motto: A DOMINO<br />

FACTUM EST ISTUD. Ma sopra quest’ultima cornice, che s’alzava molto grande spazio da terra,<br />

si vedeva poi l’arme di quella ben avventurosa famiglia, grande e magnifica quanto si conveniva,<br />

che da due Vittorie, finte pur sempre di marmo, era anch’ella con la ducal corona sostenuta, avendo<br />

sopra la principale entrata dell’arco in accomodatissimo luogo l’inscrizione che diceva:<br />

VIRTUTI FAELICITATIQUE ILLUSTRISSIMAE MEDICEAE FAMILIAE QUAE<br />

FLOS ITALIAE, LUMEN HAETRURIAE, DECUS PATRIAE SEMPER FUIT,<br />

NUNC ASCITA SIBI CAESARIA SOBOLE CIVIBUS SECURITATEM ET<br />

OMNI SUO IMPERIO DIGNITATEM AUXIT, GRATA PATRIA DICAT.<br />

Ma entrando dentro a questo arco si trovava quasi una loggia assai capace e lunga con la sua volta<br />

di sopra bizarrissimamente e con bellissimo gar[II. 917]bo e di diverse imprese tutta abbigliata e<br />

dipinta, dopo la quale, in due pilastri sopra cui girava un arco per il quale s’aveva l’entrata nel<br />

prima detto teatro, si vedevano, a rincontro l’una dell’altra, due molto graziose nicchie, fra le quali<br />

(che quasi congiunte con questo secondo arco erano et il prima descritto) si vedevano ne’ vani delle<br />

finte pareti che la loggia reggevano due capaci quadri di pittura, le cui istorie dicevolmente<br />

accompagnavano ciascuno la sua statua, et erano queste. In quella da man ritta cioè, l’una fatta per<br />

il gran Cosimo detto il Vecchio, il quale, quantunque nella famiglia de’ Medici fussero prima stati<br />

per armi e per azion’ civili molti egregii e nobili uomini, fu nondimeno il primo fondatore della sua<br />

straordinaria grandezza e quasi radice di quella pianta ch’è poi tanto felicemente a tanta grandez[z]a<br />

pervenuta; nel cui quadro si vedeva dipinto il supremo onore dalla sua patria Fiorenza attribuitogli,<br />

quando dal publico Senato fu Padre della patria appellato; il che ottimamente dichiarava<br />

l’inscrizzione che sotto si vedeva, dicendo:<br />

COSMUS MEDICES, VETERE HONESTISSIMO OMNIUM SENATUS<br />

CONSULTO RENOVATO, PARENS PATRIAE APPELLATUR.<br />

Essendo, nella parte di sopra del medesimo pilastro in cui la nicchia posta era, un proporzionato<br />

quadretto nel quale il magnifico Piero suo figliuolo ritratto era, padre del glorioso Lorenzo detto<br />

anch’egli il Vecchio, verace et unico mecenate de’ tempi suoi et ottimo conservatore dell’italica<br />

tranquillità, la cui statua si vedeva nell’altra predetta nicchia, corrispondente a quella del vecchio<br />

Cosimo, avendo nel quadretto, che in simil modo sopra il capo dipinto gl’era, il ritratto anch’egli<br />

del magnifico Giuliano suo fratello e di papa Clemente padre. E nel quadro maggiore,<br />

corrispondente all’istoria di Cosimo, l’istoria del publico concilio fatto da tutti i principi italiani,<br />

ove si vedeva col consiglio di Lorenzo fermarsi quella tanto stabile e tanto prudente congiunzione<br />

per cui l’Italia, mentre ch’ei visse e ch’ella durò, si vide condotta al colmo delle felicità, sì come<br />

poi, morendo egli e venendo ella meno, si vide precipitare in tanti incendii et in tante calamità e<br />

rovine. Il che non meno chiaramente mostrava l’inscrizione che sotto avea, dicendo:<br />

LAURENTIUS MEDICES BELLI ET PACIS ARTIBUS EXCELLENS DIVINO

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