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Le Vite - Fondazione Memofonte

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403] fatta da esso Pisano in Fiorenza al tempo del Concilio d’Eugenio, ove si trovò il prefato<br />

imperadore, ch’à per riverso la croce di Cristo sostentata da due mani, verbigrazia dalla latina e<br />

dalla greca». In sin qui il Giovio, con quello che séguita. Ritrasse anco in medaglia Filippo de’<br />

Medici, arcivescovo di Pisa, Braccio da Montone, Giovan Galeazzo Visconti, Carlo Malatesta<br />

signor d’Arimino, Giovan Caracciolo gran siniscalco di Napoli, Borso et Ercole da Este, e molti<br />

altri signori et uomini segnalati per arme e per lettere. Costui meritò per la fama e riputazione sua in<br />

questa arte essere celebrato da grandissimi uomini e rari scrittori, perché oltre quello che ne scrisse<br />

il Biondo, come si è detto, fu molto lodato in un poema latino da Guerino Vecchio suo compatriota<br />

e grandissimo litterato e scrittore di que’ tempi; del qual poema, che dal cognome di costui fu<br />

intitolato il Pisano del Guerino, fa onorata menzione esso Biondo. Fu anco celebrato dallo Strozzi<br />

vecchio, cioè da Tito Vespasiano padre dell’altro Strozzi, ambiduoi poeti rarissimi nella lingua<br />

latina. Il padre dunque onorò con un bellissimo epigramma, il qual è in stampa con gl’altri, la<br />

memoria di Vittore Pisano. E questi sono i frutti che dal viver virtuosamente si traggono. Dicono<br />

alcuni che quando costui imparava l’arte, essendo giovanetto, in Fiorenza, che dipinse nella vecchia<br />

chiesa del Tempio, che era dove è oggi la cittadella vecchia, le storie di quel pellegrino a cui,<br />

andando a San Iacopo di Galizia, mise la figliuola d’un oste una tazza d’argento nella tasca perché<br />

fusse come ladro punito, ma fu da S. Iacopo aiutato e ricondotto a casa salvo; nella qual opera<br />

mostrò Pisano dover riuscire, come fece, eccellente pittore. Finalmente, assai ben vecchio, passò a<br />

miglior vita. E Gentile, avendo lavorato molte cose in Città di Castello, si condusse a tale, essendo<br />

fatto parletico, che non operava più cosa buona. In ultimo consumato dalla vecchiezza, trovandosi<br />

d’ottanta anni si morì. Il ritratto di Pisano non ho potuto aver di luogo nessuno. Dissegnarono<br />

ambiduoi questi pittori molto bene, come si può vedere nel nostro libro, etc..<br />

Fine della Vita di Gentile da Fabriano e di Vittore Pisano veronese.<br />

[I. 404]<br />

VITA DI PESELLO E FRANCESCO PESELLI.<br />

Pittori Fiorentini<br />

Rare volte suole avvenire che i discepoli de’ maestri rari, se osservano i documenti di quegli, non<br />

divenghino molto eccellenti, e che, se pure non se gli lasciano dopo le spalle, non gli pareggino<br />

almeno e si agguaglino a loro in tutto, perché il sollecito fervore della imitazione con la assiduità<br />

dello studio ha forza di pareggiare la virtù di chi gli dimostra il vero modo dell’operare. Laonde<br />

vengono i discepoli a farsi tali che e’ concorrono poi co’ maestri, e gli avanzano agevolmente, per<br />

esser sempre poca fatica lo aggiugnere a quello che è stato da altri trovato. E che questo sia il vero,<br />

Francesco di Pe[I. 405]sello imitò talmente la maniera di fra’ Filippo che, se la morte non ce lo<br />

toglieva così acerbo, di gran lunga lo superava. Conoscesi ancora che Pesello imitò la maniera<br />

d’Andrea dal Castagno; e tanto prese piacer del contrafare animali e di tenerne sempre in casa vivi<br />

d’ogni specie, che e’ fece quegli sì pronti e vivaci che in quella professione non ebbe alcuno nel suo<br />

tempo che gli facesse paragone. Stette fino all’età di trent’anni sotto la disciplina d’Andrea,<br />

imparando da lui, e divenne bonissimo maestro. Onde avendo dato buon saggio del saper suo, gli fu<br />

dalla Signoria di Fiorenza fatto dipignere una tavola a tempera quando i Magi offeriscono a Cristo,<br />

che fu collocata a mezza scala del loro palazzo; per la quale Pesello acquistò gran fama, e<br />

massimamente avendo in essa fatto alcuni ritratti, e fra gl’altri quello di Donato Acciaiuoli. Fece<br />

ancora alla cappella de’ Cavalcanti in Santa Croce, sotto la Nunziata di Donato, una predella con<br />

figurine piccole, dentrovi storie di San Niccolò. E lavorò in casa de’ Medici una spalliera d’animali<br />

molto bella, et alcuni corpi di cassoni con storiette piccole di giostre di cavalli. E veggonsi in detta<br />

casa sino al dì d’oggi di mano sua alcune tele di leoni i quali s’affacciano a una grata, che paiono<br />

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