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Le Vite - Fondazione Memofonte

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casa; e gli ebbe tanto rispetto e reverenza, che non si ardiva Sua Santità, per non gli dare fasti[II.<br />

758]dio, a richiederlo di molte cose che Michelagnolo, ancorché fussi vecchio, poteva fare.<br />

Aveva Michelagnolo fino nel tempo di Paulo Terzo, per suo ordine, dato principio a far rifondare il<br />

ponte Santa Maria di Roma, il quale per il corso dell’acqua continuo e per l’antichità sua era<br />

indebolito e rovinava. Fu ordinato da Michelagnolo per via di casse il rifondare e fare diligenti<br />

ripari alle pile, e digià ne aveva condotto a fine una gran parte e fatto spese grosse in legnami e<br />

trevertini a benefizio di quella opera; e venendosi nel tempo di Giulio Terzo, in congregazione coi<br />

cherici di Camera, in pratica di dargli fine, fu proposto fra loro da Nanni di Baccio Bigio architetto<br />

che con poco tempo e somma di danari si sarebbe finito, allogando in cottimo a lui; e con certo<br />

modo allegavano, sotto spezie di bene, per isgravar Michelagnolo, perché era vecchio e che non se<br />

ne curava, e, stando così la cosa, non se ne verrebbe mai a fine. Il Papa, che voleva poche brighe,<br />

non pensando a quel che poteva nascere, diede autorità a’ cherici di Camera che, come cosa loro,<br />

n’avessino cura; i quali lo dettono poi, senza che Michelagnolo ne sapessi altro, con tutte quelle<br />

materie, con patto libero a Nanni; il quale non attese a quelle fortificazioni, come era necessario a<br />

rifondarlo, ma lo scaricò di peso per vedere gran numero di trevertini, di che era rifiancato e<br />

solicato anticamente il ponte, che venivano a gravarlo e facevanlo più forte e sicuro e più gagliardo,<br />

mettendovi in quel cambio materia di ghiaie et altri getti, che non si vedeva alcun difetto di drento;<br />

e di fuori vi fece sponde et altre cose, che a vederlo pareva rinovato tutto, ma indebolito totalmente<br />

e tutto assottigliato. Seguì da poi cinque anni dopo che, venendo la piena del diluvio l’anno 1555,<br />

egli rovinò di maniera che fece conoscere il poco giudizio de’ cherici di Camera e ‘l danno che<br />

ricevé Roma per partirsi dal consiglio di Michelagnolo, il quale predisse questa sua rovina molte<br />

volte a’ suoi amici et a me, che mi ricordo, passandovi insieme a cavallo, che mi diceva: “Giorgio,<br />

questo ponte ci triema sotto; sollecitiamo il cavalcare, che non rovini in mentre ci siàn su”.<br />

Ma tornando al ragionamento di sopra, finito che fu l’opera di Montorio, e con molta mia<br />

satisfazione, io tornai a Fiorenza per servizio del duca Cosimo, che fu l’anno 1554. Dolse a<br />

Michelagnolo la partita del Vasari e parimente a Giorgio, avengaché ogni giorno que’ suoi aversarii,<br />

ora per una via or per un’altra, lo travagliavano; per il che non mancarono giornalmente l’uno a<br />

l’altro scriversi. E l’anno medesimo d’aprile, dandogli nuova il Vasari che Lionardo, nipote di<br />

Michelagnolo, aveva avuto un figliuolo mastio e con onorato corteo di donne nobilissime l’avevono<br />

accompagnato al battesimo, rinovando il nome del Buonaruoto, Michelagnolo rispose in una lettera<br />

al Vasari queste parole:<br />

Giorgio amico caro. Io ho preso grandissimo piacere della vostra, visto che pur vi ricordate del povero<br />

vecchio, e più per esservi trovato al trionfo che mi scrivete, d’aver visto rinascere un altro Buonaruoto.<br />

Del quale aviso vi ringrazio quanto so e posso; ma ben mi dispiace tal pompa, perché l’uomo non dee<br />

ridere quando il mondo tutto piange. Però mi pare che Lionardo non abbia a fare tanta festa d’uno che<br />

nasce, con quella allegrezza che s’ha a serbare alla morte di chi è ben vissuto. Né vi maravigliate se non<br />

rispondo subito; lo fo per non parere mercante. Ora io vi dico che per le molte lode che per [II. 759]<br />

detta mi date, se io ne meritassi sol una, mi parrebbe, quando io mi vi detti in anima et in corpo, avervi<br />

dato qualcosa e aver sadisfatto a qualche minima parte di quel che io vi son debitore; dove vi ricognosco<br />

ognora creditore di molto più che io non ho da pagare. E perché son vecchio, oramai non spero in<br />

questa, ma nell’altra vita, potere pareggiare il conto. Però vi prego di pazienzia, e son vostro; e le cose<br />

di qua stan pur così.<br />

Aveva già nel tempo di Paulo Terzo mandato il duca Cosimo il Tribolo a Roma, per vedere se egli<br />

avesse potuto persuadere Michelagnolo a ritornare a Fiorenza per dar fine alla Sagrestia di San<br />

Lorenzo. Ma scusandosi Michelagnolo che, invecchiato, non poteva più il peso delle fatiche, e con<br />

molte ragioni lo escluse, che non poteva partirsi di Roma. Onde il Tribolo dimandò finalmente della<br />

scala della Libreria di San Lorenzo, della quale Michelagnolo aveva fatto fare molte pietre, e non ce<br />

n’era modello né certezza appunto della forma; e quantunque ci fussero segni in terra in un<br />

mattonato et altri schizzi di terra, la propria et ultima risoluzione non se ne trovava. Dove, per<br />

preghi che facessi il Tribolo e ci mescolassi il nome del Duca, non rispose mai altro se non che non

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