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Le Vite - Fondazione Memofonte

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come nell’altro si disse) si vedeva cavalcare il nero e vecchio e bendato Atlante, che di aver con le<br />

robuste spalle sostenuto il Cielo avuto ha nome: per lo che una grande e turchina e stellata palla in<br />

mano stata messa gl’era. Ma dopo lui, con leggiadro abito di cacciatore, si vedeva camminare il<br />

bello e giovane Yade suo figliuolo, a cui facevan compagnia le sette sorelle, Yade anch’esse dette,<br />

cinque delle quali, tutte d’oro risplendenti, si vedevano una testa di toro per ciascuna in capo avere,<br />

perciò che anch’esse si dice che ornamento sono della testa del celeste Toro, e l’altre due, come<br />

manco in ciel chiare, parve che di argentato drappo bigio vestir si dovessero. Ma dopo costoro, per<br />

sette altre simili Stelle figurate, seguivano le sette Pleiadi, del medesimo Atlante figliuole, l’una<br />

delle quali, perciò che anch’ella poco lucida in ciel si dimostra, del medesimo e solo drappo bigio<br />

parve che dicevolmente adornar si dovesse. [II. 955] Sì come l’altre sei, perciò che risplendenti e<br />

chiare sono, si vedevano nelle parti dinanzi tutte per l’infinito oro lampeggiare e rilucere, essendo in<br />

quelle di dietro di solo puro e bianco vestimento coperte, denotare per ciò volendo che, sì come al<br />

primo apparir loro pare che la chiara e lucida state abbia principio, così, partendosi, si vede che<br />

l’oscuro e nevoso verno ci lasciano. Il che era anche espresso dall’acconciatura di testa che la parte<br />

dinanzi di variate spighe contesta aveva, sì come quella di dietro pareva che tutta di nevi e di<br />

ghiaccio e di brinate composta fusse. Seguiva dopo costoro il vecchio e deforme Titano, che con lui<br />

aveva l’audace e fiero Iapeto suo figliuolo; ma Prometeo, che di Iapeto nacque, si vedeva tutto<br />

grave e venerando dopo costoro, con una statuetta di terra nell’una delle mani e con una face accesa<br />

nell’altra, venire, denotando il fuoco che fino di cielo a Giove aver furato si dice. Ma dopo lui per<br />

ultimi, che la schiera del secondo carro chiudessero, si vedevano, con abito moresco e con una testa<br />

di religioso elefante per cappello, venire similmente due degli Atlantidi che primi, come si disse, il<br />

Cielo adorarono, aggiugnendo, per dimostrazione delle cose che da loro ne’ primi sagrifizii usate<br />

furono, ad ambo in mano un gran maz[z]o di simpullo, di mappa, di dolobra e di acerra.<br />

CARRO TERZO DI SATURNO<br />

Saturno, di Cielo figliuolo, tutto vecchio e bianco, e che alcuni putti avidamente di divorar<br />

sembrava, ebbe il terzo non men dell’altro adornato carro, da due grandi e neri buoi tirato, per<br />

accrescimento della bellez[z]a del quale, sì come in quello sette, così in questo cinque delle sue<br />

favole parve che dipignere si dovessero. E perciò per la prima si vedeva questo Dio essere dalla<br />

moglie Opis sopragiunto mentre con la bella e vaga ninfa Fillare a gran diletto si giaceva; per lo che<br />

essendo costretto a trasformarsi, per non esser da lei conosciuto, in cavallo, pareva che di quel<br />

coniungimento nascesse poi il centauro Chirone. Sì come nella seconda si vedeva l’altro suo<br />

coniungimento con la latina Enotria, di cui Iano, Ymmo, Felice e Festo ad un medesimo parto<br />

prodotti furono; per i quali spargendo il medesimo Saturno nel genere umano la tanto utile<br />

invenzione del piantar le viti e fare il vino, si vedeva Iano in Lazio arrivare e quivi insegnando ai<br />

roz[z]i popoli la paterna invenzione, beendo quella gente intemperatamente il novello e<br />

piacevolissimo liquore, e perciò poco dopo summersi in un profondissimo sonno, risvegliati<br />

finalmente e tenendo d’essere stati da lui avvelenati, si vedevano empiamente trascorrere a lapidarlo<br />

et ucciderlo: per lo che commosso Saturno ad ira e gastigandoli con una orribilissima pestilenza,<br />

pareva finalmente, per gl’umili preghi de’ miseri e per un tempio da loro su la Rupe Tarpeia<br />

edificatogli, che benigno e placato si rendesse. Ma nella terza si vedeva figurato poi quando,<br />

volendo crudelmente divorarsi il figliuolo Giove, gl’era dall’accorta moglie e dalle pietose figliuole<br />

mandato in quella vece il sasso, il qua[II. 956]le rimandato loro indietro da lui, si vedeva rimanerne<br />

con infinita tristezza et amaritudine. Sì come nella quarta era la medesima favola dipinta (di che nel<br />

passato carro di Cielo si disse), cioè quando egli tagliava i genitali al predetto Cielo, da cui i Giganti<br />

e le Furie e Venere ebbero origine. E sì come nell’ultima si vedeva similmente quando, da’ Titani<br />

fatto prigione, era dal pietoso figliuolo Giove liberato.

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